La Stampa (G.Buccheri) – C’è un momento in cui la stagione vira e, la virata, ha effetti, in parte, non previsti. La Roma vince il derby con la Lazio – a segno Perotti su rigore e Nainggolan ad inizio ripresa, poi sigillo inutile di Immobile sempre dal dischetto – perché, ormai, la corazzata giallorossa sa decidere quando è il momento di alzare il ritmo e quando serve staccare la spina. Una decisione diventata una costante dalla fine del primo tempo del duello con il Napoli, perso all’Olimpico, ma trampolino di lancio verso qualcosa di inaspettato.
«NELLA TESTA DEI GIOCATORI» – Dalla notte del 14 ottobre ad oggi, Nainggolan e compagni non hanno più sbagliato una virgola: doppia sfida con il Chelsea in Champions all’insegna dello show, poi le vittorie in campionato contro Torino, Crotone, Bologna, Fiorentina e, per l’appunto, Lazio. «Entrare nella testa dei ragazzi è stata la cosa più difficile: ora, credo, di esserci riuscito. Nessuno ci metteva in primissima fila per lo scudetto, spetta a noi continuare così», racconta Eusebio Di Francesco, tecnico felice. Prima del mese (quasi) perfetto, i giallorossi davano la sensazione di trovarsi a metà cammino: un po’ Spalletti (eredità del recentissimo passato), un po’ Di Francesco. Adesso, solo Di Francesco: pressing alto, a tratti altissimo – la Lazio ne sa qualcosa – e momenti in cui all’avversario di turno viene concesso il copione per rincasare e sfruttare le ripartenze sulle corsie con Dzeko punto di equilibrio là in mezzo.
DERBY, RABBIA INZAGHI – Tutto semplice a parole, meno in campo. La Roma, ora, ha un’identità riconosciuta e, soprattutto, un gruppo interamente coinvolto nel progetto: Di Francesco avanza la propria candidatura ad una stagione nobile, grazie anche all’abilità con la quale sa gestire la naturale rotazione dei suoi ragazzi. «Avanti senza presunzione», sottolinea il tecnico giallorosso, in un dopo gara vissuto come se vincere il primo derby da allenatore, dopo i successi con la maglia della Roma in carriera, fosse soltanto questione da tre punti. Alla Lazio di Simone Inzaghi rimane la rabbia per aver perso la bussola in un attimo: in quattro minuti, ad inizio della ripresa, prima un errore di Bastos (ingenuo il tocco da rigore su Kolarov), poi una amnesia generale (troppo leggera la difesa nel far avanzare Nainggolan fino alla stoccata vincente da fuori area) hanno compromesso i piani di volo. A dire il vero – complice una condizione fisica in riserva dei vari Immobile, Milinkovic e Luis Alberto -la Lazio non ha mai dato l’impressione di potersi impossessare della sfida, anzi: i biancocelesti hanno rinnegato la consueta abilità nell’accendersi negli spazi.
LA FORZA DEL «SUPEREROE» – La classifica della Roma brilla e, all’appello, manca il recupero con la Sampdoria di gennaio. Quella della Lazio non toglie il malumore, nonostante lo stop doloroso. All’Olimpico è stato Nainggolan a lasciare il segno più evidente: una prestazione da «Supereroe» (così l’ha definita Di Francesco) perché uscito da una lesione all’adduttore in una sola settimana per finire dentro ad un derby vissuto mille all’ora con grinta, qualità e intelligenza. «Lo scudetto? Siamo una squadra vera – così il centrocampista belga -, ma è meglio se avanziamo a fari spenti: le previsioni portano male…».