La Repubblica – «Se alla fine il conto economico starà in piedi, allora daremo tutti il “ benvenuto” a Mediapro. Altrimenti…» . È sera, e nel quartier generale di Sky si cerca di guardare con ottimismo a quello che potrà succedere da qui a qualche mese. Ma è inutile dire che l’ottimismo sia un esercizio molto impegnativo in queste ore in cui dall’altra parte, in via Rosellini, si parla senza mezzi termini di fine di un’epoca. Di rivoluzione. La verità è che la mossa di Infront e Mediapro ha mischiato il mazzo in modo imprevisto, e adesso la partita dei diritti tv per la Serie A triennio 2018- 2021 si è improvvisamente complicata per Sky. Non solo perché si è alzata la posta in palio per effetto del miliardo e passa scommesso dagli spagnoli, ma anche e soprattutto perché, nonostante i comunicati e le conferenze stampa, il modello di business che questi hanno in mente è tutt’altro che chiaro.
«Possiamo fare un bel lavoro hanno detto Jaume Roures e Taxto Benet, i capi del colosso dei diritti tv, mischiando in maniera finanche pittoresca spagnolo e italiano subito dopo l’apertura della busta con la loro offerta – avete grandi club e grandi giocatori, pensiamo che la Serie A abbia un grande futuro. Il nostro obbiettivo è quello di portare il calcio su tutte le piattaforme e su tutti gli schermi possibili, vendere la maggior quantità con la miglior qualità e al prezzo più accessibile. E aprire nuove finestre di business senza che una piattaforma danneggi l’altra». Insomma, sono stati sul vago. E non hanno risolto l’enigma originario, quello del Canale della Lega. Sin dal primo momento, i manager di Mediapro hanno evitato di chiarire in via definitiva quale fosse la loro reale intenzione per la Serie A. Mentre partecipavano al bando per “ intermediario unico” rilasciavano interviste mai smentite – in cui spiegavano come il loro vero obbiettivo fosse un altro: quello di costruire il canale della Lega, ambizione evidentemente in contraddizione con il ruolo di intermediario.