La Repubblica (M. Juric) – Dici Ranieri e leggi Roma. Perché è nelle situazioni di crisi che entra in ballo il cuore. E la voglia di dare una mano. Perché sei Claudio Ranieri e lo hai dichiarato tu stesso che “se la Roma chiama, devo dire di sì”. E così è successo per la terza volta in carriera. Rispondendo alla chiamata martedì a pranzo di Dan Friedkin: “Può venire a Londra, vorrei parlare con lei?”. E via a Fiumicino. Sei ore di volo tra andata e ritorno per chiudere l’accordo con il presidente americano e provare a salvare, ancora una volta, una crisi giallorossa.

Impossibile non tornare con la mente al 2 settembre del 2009, quando prese il posto di Luciano Spalletti e sfiorò uno storico scudetto contro l’Inter di José Mourinho. Ma la terza avventura sulla panchina della Roma assomiglia molto al secondo mandato di Sir Claudio, quello iniziato l’8 marzo del 2019 in sostituzione di Eusebio Di Francesco. Prendendo per i capelli una squadra in piena crisi di identità e risultati. Risollevandola in campo e dando una speranza ai tifosi.

Claudio Ranieri sarà parafulmine e dottore di una Roma in piena fase di rivoluzione. È stato preso anche per questo. Suggerire e accompagnare il club verso un futuro diverso, dopo i disastri degli ultimi mesi. Ma principalmente dovrà fare l’allenatore. A partire da domenica contro il Napoli. Risollevando il morale dello spogliatoio e provando a dare un senso alla stagione. Come? Aggrappandosi alle certezze di una carriera quarantennale fatta di ordine e organizzazione. Ranieri ripartirà probabilmente dalla difesa a 4, toglierà dalla naftalina Hummels (che esulta su Instagram) e affiderà le chiavi della squadra ai giocatori tecnici. Il resto sarà pragmatismo e risultati. Meno scienza e più coscienza.

Foto: [Alex Pantling] via: [Getty Images]