Il Messaggero (G. Mustica) – Messi da parte. Forse perché la società viene focalizzata con quella figura che non può essere l’unica. E magari c’è pure un poco d’indivia a certi livelli. Chissà, difficile avere la risposta corretta e che mette d’accordo tutti. Non solo Totti comunque, fatto fuori dalla Roma e mai richiamato nonostante s’aspettasse che quel telefono potesse squillare da un momento all’altro e visualizzare quel numero che conosce bene. Ma anche Alessandro Del Piero e Paolo Maldini, gli ultimi di una serie ai quali è stato dato il benservito senza nemmeno troppi complimenti. “Ne abbiamo parlato – ha detto ieri Francesco – il motivo è che siamo diventati ingombranti. Un nome importante offusca tutto quello che c’è all’interno. Noi ex giocatori siamo competenti nel settore e questa dovrebbe essere la cosa più importante in una società. Se non la prendono in considerazione vuol dire che hanno altri obiettivi”. Idee chiare e parole dirette. Non è una novità.
Alex alla Juventus non c’è mai tornato dopo aver chiuso la carriera da calciatore in India con un passaggio in Australia. Non gli è stato rinnovato il contratto e lui, pur di non giocare in Europa con una maglia diversa da quella bianconera, se n’è andato il più lontano. Nel momento in cui Andrea Agnelli si è dimesso, s’è parlato con insistenza di un suo possibile ritorno. Lui sembrava avesse aperto all’ipotesi, in quel momento alla Juve serviva una figura forte e che conoscesse le dinamiche: ma niente, non c’è stato verso. Paolo invece al Milan un po’ ci ha lavorato, nove anni dopo aver appeso le scarpette al chiodo: ma nel giugno del 2023, per alcune divergenze tecniche avute con RedBird, è uscito fuori dal giro e non senza polemiche. Difficile, dopo gli screzi anche recenti, possa tornare, almeno con questa proprietà. Il suo posto, praticamente, è stato preso da Zlatan Ibrahimovic: che bandiera, nel vero senso della parola, non si può considerare, visto che in Italia ha giocato con quasi tutte le big prima di scegliere il Diavolo.
Sempre in rossonero Gianni Rivera in considerazione non è mai stato preso nel momento in cui è partita l’era Berlusconi (e non sono mancate contenziosi per le coppe esposte nel museo). E nemmeno Daniele Conti dal Cagliari, che ha candidamente ammesso che una chiamata se l’aspettava. E Buffon? Al momento è in nazionale, né Juve e né Parma hanno sentito l’esigenza di metterlo dentro l’organigramma. E poi sì, ci sono anche delle eccezioni: Javier Zanetti, ad esempio, dell’Inter è il vicepresidente. Figura di rappresentanza. Le vere decisioni le prende Beppe Marotta prima da amministratore delegato e adesso da massimo dirigente con Oaktree. Giancarlo Antognoni alla Fiorentina ha fatto anche il direttore generale con Cecchi Gori.
Nella Roma resiste la figura di Bruno Conti, trascinatore di un settore giovanile ricostruito dalle fondamenta che ha regalato moltissime gioie tricolori. E infine ci sono anche le favole, come quella di Sergio Pellisier: ha ripreso il marchio del Chievo Verona che era fallito, ha rimesso in piedi la squadra e sogna con tutti i tifosi che ne hanno apprezzato l’attaccamento quando segnava con la fascia da capitano al braccio. Ma lo ha fatto da solo, nessuno prima lo aveva richiamato. Ingombrante anche lui.