Il Giornale (A.Cordolcini) – Più forte dell’esilio e della condizione economica che quest’ultimo ha prodotto. La rivista Forbes ha calcolato che dallo scoppio della guerra del Donbass il patron dello Shakhtar Donetsk Rinat Akhmetov abbia perso circa 10 miliardi di dollari. Un’emorragia che ha influito fortemente sul mercato del club: 107 i milioni di euro spesi nel triennio 2012-14 alla ricerca dei vari Douglas Costa, Fernandinho, Willian, Alex Teixeira e Luiz Adriano, contro i 400mila euro sborsasti nel 2015-17. In più, l’addio del monumento Mircea Lucescu, 22 trofei in 12 anni, nonché abile nel dotare lo Shakhtar di uno status internazionale senza eguali nel panorama calcistico dell’Est Europa.
Eppure la squadra Dontesk è ancora allo stesso posto: in patria detta legge, in Europa riesce sempre a dire la sua. Per informazioni chiedere al Napoli, eliminato nella fase a gironi dell’attuale Champions. Uno dei segreti della vitalità di questo Shakhtar risiede in panchina, occupata dal portoghese Paulo Fonseca. Difficile trovare qualcuno che al momento del suo insediamento lo pensasse in grado di raccogliere un’eredità pesantissima come quella di Lucescu. Originario del Mozambico, aveva fatto bene in patria con Pacos Ferreira e Braga, ovvero in provincia, ma tra le due esperienze c’era stato un brutto flop al Porto, chiuso con l’esonero dopo 9 mesi. Eppure al primo anno in Ucraina ha subito centrato la tripletta coppa, supercoppa e campionato, quest’ultimo vinto (dopo due titoli consecutivi della Dinamo Kiev) senza perdere nemmeno una partita.
Oggi gli uomini di Paulo Fonseca sono ancora in testa al campionato, mentre in Europa hanno incassato i complimenti di Guardiola dopo la sconfitta di misura (1-2) a Manchester: «Il nostro pressing altissimo – ha detto il catalano – non riusciva a impedire loro di creare gioco, tanto erano ben oliati i meccanismi della squadra e tale era la qualità dei loro giocatori in mezzo al campo». Proprio il City a gennaio ha cercato di strappare allo Shakhtar l’elegante play Fred, ennesimo gioiello brasiliano scovato dai Minatori. Ma anche i più stagionati Marlos e Taison sono elementi di prim’ordine, così come il nazionale verdeoro Bernard. Giocatori di qualità che rappresentano una manna per le medie realizzative dell’argentino Ferreyra, il bomber della squadra. Ma c’è Brasile anche nelle retrovie con il terzino Ismaily che, pur se sulla fascia opposta, non sta facendo rimpiangere capitan Srna, squalificato per doping. Ma tutti questi talenti funzionano perché inseriti in un contesto tattico strutturato e omogeneo, dove la squadra riesce davvero a muoversi come se fosse un’unica entità, sia in fase di possesso che senza palla. Uno Shakhtar più “povero” ma ugualmente temibile: questo è il piccolo grande capolavoro di Paulo Fonseca.