La Repubblica (G. Cardone-M. Pinci) – Si parte domani. Fischio d’inizio alle 18.30 per la Lazio, alle 20.45 per la Roma. Al centro del campo, contro il Bologna all’Olimpico per i biancocelesti e all’Arechi di Salerno per i giallorossi, un pallone mai così pesante. Perché quest’anno le due romane vogliono sognare in grande. Campagne abbonamenti da big, acquisti come non se ne vedevano da un pezzo in città, due allenatori al secondo anno. Con un progetto tecnico ora ben definito e la voglia di riportare la Capitale al vertice.
Una sfida ora più aperta, che Lotito e i Friedkin hanno deciso di combattere con armi inedite. Dire che qualcosa è cambiato sarebbe infatti un errore: nella Capitale è cambiato tutto. La Roma che dopo 14 anni torna a vincere un trofeo, addirittura una coppa Uefa come la Conference League, la prima della sua storia: non a caso è stata toccata quota 36 mila abbonati.
Senza grosse perdite, se non Mkhitaryan che ha preferito l’Inter, il general manager Tiago Pinto alla rosa ha aggiunto il miglior mediano svincolato, il serbo Matic, e la mezzala intorno alla quale Klopp aveva costruito i successi del suo Liverpool, l’olandese Wijnaldum, finito nell’ultimo anno a immalinconirsi al Psg.
Ma soprattutto ha aggiunto Paulo Dybala. Ossia la scintilla, il campione capace di portare 10 mila persone al Colosseo quadrato. Uno — per capirci — che da queste parti mancava dai tempi di Batistuta. Il tutto, con un saldo di mercato scandalosamente attivo, addirittura 34 milioni.
Manca un difensore affidabile in più. E un attaccante — Mou aspetta Belotti — in grado di attenuare gli effetti di un’assenza di Abraham, a cui il Mondiale potrebbe togliere energie. Aleggia sempre il rischio dell’addio di Zaniolo, corteggiato dal Tottenham di Conte. Se la Roma riuscirà a resistere fino alla fine, José avrà un solo problema: trovare il coraggio di non nascondersi più, alimentando i sogni giallorosso di scudetto. E lanciare, con il “nemico” Sarri, la sfida al campionato.