La Gazzetta dello Sport (F. Bianchi, A. Pugliese) – Se è vero che gli opposti si attraggono, allora tra Mourinho e Italiano prima o poi dovrà anche scoppiare il grande amore. Perché le linee di demarcazione tra i due allenatori di Roma e Fiorentina sono tante. E anche assai nette. Non è soltanto una questione legata alla oramai consolidata divisione tra risultatisti (Mourinho) e giochisti (Italiano), è qualcosa che va anche più in là, che va oltre. Una questione filosofica, anche di come va studiato e affrontato il calcio quotidianamente, ma sempre di petto. Mou è sicuramente più gestore, Italiano cerca invece di distinguersi da insegnante.
Ciò che contraddistingue Mou è chiaramente la personalità, il carattere, quella voglia di arrivare a tutti i costi che riesce a trasmettere ai suoi giocatori. Del resto, se questa Roma ha già segnato 13 reti nell’ultimo quarto d’ora di gioco è anche frutto di tutto ciò. La fase di transizione è l’idea regina della filosofia mourinhana: aspettare, temporeggiare, per poi ripartire e far male negli spazi. Così la Roma spesso esce dal campo con un possesso palla minore degli avversari, ma i 27 gol segnati fin qui (secondo miglior attacco della A) dimostrano come le strade per andare a far male non siano certo legate al pallino del gioco.