Serie A in bolletta: i club indebitati salvati dal governo

La Repubblica (M. Pinci) – Senza Mondiali, senza soldi, senza idee per rinnovarsi. La crisi del calcio italiano non è soltanto tecnica. È una crisi di sistema, che da mesi si materializza in una sorta di questua per rateizzare pagamenti accumulati nell’ultimo anno.

Scade domani il termine per onorare i 500 milioni di versamenti sospesi, fiscali e contributivi. Per fare degli esempi: l’Inter deve 50 milioni circa, la Lazio 40, la Roma 38, la Juventus 35, il Torino 27.

Ma tantissime società di Serie A sono pronte a ricorrere alla generosa mano tesa dal governo per tentare di evitare l’implosione del movimento sportivo più ricco — almeno in termini di fatturato — del nostro Paese. Un movimento che non sa salvarsi da solo: da anni si parla della necessità di una riforma dei campionati.

Ma ridurre il numero delle squadre per rendere più sostenibile il sistema sembra impossibile: la Federcalcio anziché farlo d’imperio ha affidato il compito di studiare un percorso di cambiamento alle società. Ma da ottobre a oggi, la Serie A, la B e la C non sono state capaci di produrre lo straccio di una riforma condivisa: solo programmi unilaterali, nulla che riformi il sistema.

Alla fine la Serie A ha gioito per aver ottenuto che a bordo campo, durante le partite, possano riscaldarsi cinque giocatori e non più soltanto tre: sembra quasi uno scherzo, per un sistema che ha superato i 5 miliardi di indebitamento e che nel 2021 ha toccato 1,3 miliardi di perdite. Senza avere idea di come uscire da questa spirale.

Eppure un paio di giorni fa il senatore Claudio Lotito e il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini raccontavano, parlando al telefono con un deputato dal salotto della Federcalcio, la loro soddisfazione. Il motivo? Il maxi emendamento alla legge di Bilancio che permetterà di spalmare gran parte di quei soldi da qui al 2027: le squadre pensano al calciomercato di gennaio e intanto anziché pagare tutto il loro debito con lo Stato in un’unica soluzione, potranno saldare in 60 rate.

Meglio di una televendita di materassi, con l’effetto di generare ulteriore debito, addirittura verso lo Stato. Anche se il ministro per lo Sport Andrea Abodi ha provato a difendere la scelta: “Nessuno sconto, nessun regalo. Le società sportive pagheranno tutto e nelle forme consentite agli altri, a 60 rate e con gli interessi: interveniamo per risolvere un problema nato nove mesi fa e affrontato rimandando”.

Qualche società è pronta a chiudere le pendenze subito, entro la fine dell’anno. Qualcun altro, invece, faticherà. Nonostante il provvedimento. Perché pur accedendo alla rateizzazione bisogna essere in grado di pagare, subito, circa un quarto della cifra totale: in tutto, quasi 120 milioni. E almeno 4-5 società di Serie A non hanno accantonato nemmeno un euro. Come non bastasse, le rate si sommeranno ai nuovi stipendi da pagare. Legittimo chiedersi: come faranno i club più in difficoltà, a cominciare da Sampdoria e Verona?

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