Corriere della Sera (C.Passerini) – Secondo le previsioni agostane degli allibratori sarebbe toccato nell’ordine prima a Pecchia del Verona (in estate il suo esonero veniva quotato 1,55) e poi a Baroni del Benevento (1,70), invece il primo allenatore licenziato della stagione è Massimo Rastelli: dopo 6 sconfitte in 8 giornate, il Cagliari lo ha fatto fuori ieri con formula classica, i migliori auguri per il futuro e il ringraziamento per il lavoro fin qui compiuto cioè promozione dalla B più 11° posto. Via anche il suo vice, Legrottaglie. Detto che il patron rossoblù Giulini è ancora indeciso e che sulla lista dei successibili ci sono Oddo e Iachini più qualche outsider (Guidolin, Reja, Mazzarri, Mandorlini, Lopez), la notizia sta nella conferma di una tendenza: il mestiere dell’allenatore è passato dal precariato puro al (quasi) posto fisso. Un anno fa, a questo punto, erano già 3 i «sollevati» ed era circa vent’anni che non si arrivava così avanti nella stagione senza un cambio di guida tecnica. Il record in epoca moderna risale al 1998-99 quando Simoni scampò sulla panca dell’Inter fino alla 11ª, ma è l’insistenza della curva decrescente degli ultimi anni a inquadrare la piccola grande rivoluzione culturale: l’anno scorso si è chiuso a 9, una delle quote più basse di sempre, la metà esatta dei 18 del 2011-12.
Un altro indizio arriva dal raffronto con l’Europa: sono già a quota 3 Spagna e Germania (uno è Ancelotti), la Premier invece è a 2 visto che giusto ieri il Leicester ha sollevato Shakespeare, l’uomo che prese il posto del nostro Ranieri a febbraio. Dice Renzo Ulivieri, presidente dell’Assoallenatori, che le motivazioni di questa inversione di tendenza sono due: «I soldi che mancano, per cui un presidente ci pensa tre volte prima di cambiare, e poi il livello medio della categoria che s’è alzato moltissimo». Vero, ma l’impressione è che sia soprattutto una questione di quattrini: le minacce sono gratis, i licenziamenti no. Di sicuro pesa l’assenza dei famigerati mangiallenatori: Zamparini è col Palermo in B e Cellino pure, a Brescia. Cellino, quello che a Cagliari una volta provò a licenziare Sonetti per giusta causa perché la sera prima si era mangiato al ristorante una spigola da quattro chili. Che tempi, quei tempi