La Repubblica (M. Ferretti) – L ’importante è sputare una sentenza. E più è grossa e meglio è. Una di quelle che lasciano il segno, che fanno scattare l’effetto caspiterina (eufemismo…) in chi l’ascolta. Ovviamente il fatto che sia falsa, vera o verosimile conta poco. Anzi zero, praticamente. Conta solo sentenziare. Ormai non si fa altro. Al bar, in ufficio, soprattutto sui social. Sentenzio ergo sum. Un vizio più che un gioco. E chi non lo fa, passa per uno sprovveduto di Serie B.
È tempo di sentenze cicciotte, in casa Roma. Le più gettonate? Mourinho è la rovina della squadra. Oppure: i giocatori della Roma non valgono una lira. Delle due l’una, però. O è bollito Mou o sono bolliti i suoi giocatori, Non c’è una terza via. Ecco che, allora, si ragiona e si sragiona più sulla base di proprie convinzioni che tenendo conto della realtà. Prendiamo Mourinho: per alcuni sentenziatori, l’altro giorno contro il Verona (e non solo) ha sbagliato la strategia di gara (tesi condivisibile) e pure a impiegare la meglio gioventù (o meglio la gioventù…) soltanto nel secondo tempo.
Doveva farlo prima, ecco la critica. Ci si dovrebbe chiedere, al di là di tutto, come mai entrano in campo tre ragazzini nati abbondantemente dopo il terzo scudetto romanista, e con mezzora di Serie A nelle gambe, e sembrano in un amen Totti, De Rossi e Nainggolan o giù di lì. Una risposta a questo interrogativo aiuterebbe a decifrare meglio la situazione, forse addirittura a illuminare un panorama a tinte fosche. Ma chi ha voglia di trovarla? Meglio una sentenza, si fa prima e dà più gusto. La verità è che oggi qualsiasi discorso legato alla Roma si presta a riflessioni, a interpretazioni plurime. A forza di cercare il (proprio) colpevole, però, si perde di vista la soluzione del problema.