Il Mattino (M.Ciriello) – La voce corre da giorni, il profilo è perfetto, quello che non torna è perché i rumors vengono fuori proprio adesso. O forse è fin troppo chiaro perché spuntano proprio ora. La Roma, sussurra radiomercato, sarebbe disposta a tutto pur di avere Maurizio Sarri. Ma l’operazione è complicata al limite dell’impossibile: Aurelio De Laurentiis non intende lasciarlo andare, men che mai a una diretta concorrente. In ogni caso c’è il pagamento degli 8 milioni della clausola, che però scattano soltanto nel 2018. Allora appare chiaro che la voce serva più alla Roma per salvare questa stagione che per programmare la prossima. Loro hanno Luciano Spalletti ferito e in partenza, un presidente lontano e una squadra con troppi capitani tra campo e panchina e una condizione in calo. Mentre il Napoli va a mille nella volata per il secondo posto a Champions, tra presidente e allenatore è tornato da tempo il sereno e i rinnovi dei contratti dei due gioielli Insigne e Mertens sono in dirittura d’arrivo. È ovvio che un allenatore come Sarri dopo un biennio di stupore su ogni campo italiano ed estero susciti l’appetibilità di grandi squadre, ma è anche ovvio che a questo punto De Laurentiis debba stoppare sul nascere gli assalti (veri o presunti), lavorare per tenerselo e colmare la piccolissima distanza tra il calcio espresso, i calciatori messi in rosa e i grandi titoli. E deve farlo, e con lui tutta Napoli, perché si è all’ultimo giro di partite: con la Roma col fiatone diretta concorrente per un posto diretto in Champions League senza preliminari e un Napoli sempre più incalzante che non deve essere destabilizzato.
Meglio essere chiari e mettere le mani avanti: anche se lontana e improbabile, la partenza di uno come Sarri non si sostituisce facilmente, sia per il calcio insegnato sia per i rapporti umani annodati con i calciatori. Tutto quello che si è costruito in due anni franerebbe, ci sarebbe un azzeramento nel momento di massima concisione tra estetica e punti, perfezione calcistica e caterve di gol, insomma: una vera catastrofe. Prima che tutto accada– con la Roma o con altre squadra – è il momento di ragionare sull’importanza di Sarri per il Napoli, su quello che andrebbe perduto con la sua partenza, soprattutto dopo aver tenuto a bada le tentazioni dei campioni in squadra, dopo aver fatto un capolavoro da funamboli tra bilancio, gioco espresso e caratura dei calciatori messi in cassaforte. Perdere Sarri – dopo averlo valorizzato e dopo avergli consentito di esprimersi liberamente come ricercatore di calcio – significherebbe smarrire l’identità costruita con molta fatica e sacrifici, lasciar andare l’allenatore rivelazione – non a caso il primo coach del Napoli a vincere la panchina d’oro – e quello che in poco si è guadagnato il titolo arbasiniano di venerato maestro, pur non vincendo ancora nulla; è l’allenatore che ha sommato ai progressi internazionali fatti da Benitez la sua idea forte di calcio offensivo, regalando al Napoli il gioco migliore della sua storia. Che Sarri dica chiaramente di non aver incontrato nessuno, e De Laurentiis pronunci il giù le mani dall’allenatore della sua squadra. Entrambi lo facciano per la manutenzione del sogno, rinforzando ancora una volta i propri rapporti, con un canonico passaggio di forza che possa tenere la squadra al riparo degli assalti del mercato e del falso romanzo calcistico conseguente.
Tutto quello che continua a volteggiare intorno a Sarri è un temporale che può diventare super tempesta, sgonfiando la corsa verso il secondo posto, minando la perfezione di una stagione al netto delle fiaccature dovute alla cessione di Higuain e all’infortuno a Milik. Affinché i riflessi dell’allenatore e i suoi pensieri rimangano scattanti e precisi come sempre. Va bene che un maestro esagera sempre – negli eccessi di zelo – e quindi sa di suo che deve difendere l’edificazione della sua impresa, ma a volte capita che i sentimenti o i risentimenti minino le idee e travolganole azioni. Per questo, con sarcasmo e altrettanta forza, tra intrecci e sedimentazioni, il Napoli esca più forte da questa situazione e non si lasci cuocere né molestare. Non si può permettere che si ripeta un nuovo caso Higuain. Perché, questa volta, sarebbe davvero un terremoto non solo emotivo ma calcistico.