Il Corriere dello Sport (G.D’Ubaldo) – Nel 2000 arriva a Roma dal Boca Juniors il roccioso difensore Walter Samuel. Viene pagato molto per l’epoca ma l’argentino sarà uno dei pilastri sul quale i giallorossi costruiranno lo scudetto con Capello in panchina. Samuel è tornato su quel periodo in questa lunga intervista:
A Roma ha vinto meno che a Milano ma il sapore del successo è diverso…
Sono soddisfazioni diverse. A Roma ero appena arrivato, non avrei mai immaginato di vincere al primo anno, non me l’aspettavo, perché non conoscevo il calcio italiano. Oggi a distanza di quasi vent’anni mi rendo conto dell’impresa che abbiamo centrato. Essere uno dei giocatori che ha vinto uno dei tre scudetti della storia del club è motivo di orgoglio. Ho il rimpianto di non aver vinto più, perché potevamo farlo ancora, soprattutto l’anno successivo, avevamo una squadra fortissima. E oggi mi pento di essere andato via due giorni dopo il trionfo finale. Ero giovane, non mi rendevo conto. Mi sono perso la festa al Circo Massimo, è stata straordinaria.
A Roma ha vinto tanti derby…
E non ne ho mai perso uno. Di sicuro la stracittadina è più sentita rispetto a Milano, l’ho capito subito, me l’hanno fatto capire i tifosi. La differenza a Roma è che non puoi andare fuori la settimana prima e quella dopo. Il derby a Roma è stressante ma affascinante. Soprattutto quando vinci. Il primo l’ho vinto con autogol di Negro, se ne è parlato tanto.
Capello era l’allenatore della Roma Campione D’Italia nel 2001…
Mi ha dato tantissimo. Ho sentito un’intervista in cui parlava di me. Mi ha aiutato, appena arrivato ero un po’ spaesato, lui mi ha sostenuto, ha creduto in me. In precampionato giocavamo a quattro, poi mi ha messo in mezzo e facevamo la difesa a 3. Gli devo molto, mi faceva sentire importante, nelle palle ferme marcavo i più bravi, sentivo sempre la sua fiducia.
Un allenatore severo come lui è stato determinante per vincere a Roma?
Credo proprio di si. È una persona di polso, anche se conoscendolo sapevamo che si arrabbiava per farci restare concentrati, perché a Roma si tende a mollare, a rilassarsi. Lui cercava sempre di avere il massimo da ognuno di noi, lo faceva a volte in modo brusco.
Roma e Inter le squadre a cui è più legato, devono crescere per puntare allo scudetto?
Se ricomincia il campionato sarà un po’ diverso, ci saranno tanti elementi da tenere in considerazione, si giocherà ogni tre giorni. Chi avrà la migliore condizione fisica la spunterà. Sarà importante mantenere la forma ed evitare infortuni. Fonseca mi piace, l’ho conosciuto a Roma per il corso. Siamo andati a Trigoria a studiare i suoi metodi di allenamento. Sta facendo bene al primo anno in Italia, propone un calcio interessante. È molto preparato, lui e il suo staff.
Sensi e Moratti, due presidenti che hanno portato Roma e Inter alla vittoria…
Ho avuto la fortuna di conoscere due gestioni familiari. Entrambi erano distaccati, ma quando c’era bisogno erano vicini alla squadra. Ho un bellissimo ricordo di entrambi. Quando andai al Real Sensi stava già male, quel giorno dell’addio mi accompagnò dall’ascensore alla macchina. È stato straordinario quello che è riuscito a fare a Roma, non lo dimenticherà nessuno.
Ha visto Totti piangere il giorno dell’addio?
Quel giorno mi sono emozionato per lui. Lo capisco, capisco De Rossi. Gente che ha dato tanto al calcio. Francesco a Roma è amato. Essere uscito dal calcio è stato difficile. Ora deve pensare ad altro sta facendo un nuovo percorso. È strano che non sia più in società, chiunque pensava che sarebbe rimasto per sempre. Ma non è voluto stare lì per non fare niente, deve essere successo qualcosa che non so. Conoscendolo so che non è stato facile, mi dispiace moltissimo. Ogni tanto ci scambiamo qualche messaggio, con lui, De Rossi, e Vito Scala.
Gli argentini della Roma non vivono un periodo brillantissimo…
Li ho incrociati per il corso. Pastore e Perotti hanno avuto problemi muscolari, eppure all’inizio il primo aveva trovato spazio. Però sono giocatori di grandissimo livello. Anche Fazio mi piace, ha personalità e forza fisica.