Corriere dello Sport (C.Gatti) – Salvate il soldato José. Bisogna fondare un comitato, attivare la protezione civile, avviare sottoscrizioni: qualunque cosa, purchè lo Special-one si ritrovi quanto prima una squadra. La Roma, certo, mica è un disoccupato in cerca di panchine: gli serve una squadra decente e presentabile là dove è legato per contratto, un anno ancora. Ultimamente c’è gente che addirittura vuole infierire: viene dipinto come assente, indifferente, vagamente atarassico, come a dire che sarebbe a fine corsa, senza più stimoli e sogni, lui sempre caricato a pallettoni. È onestamente troppo: va bene tutto, va bene vendergli i pochi buoni e non prendergli i buoni sostituti, top player nemmeno a parlarne, ma addirittura girare la frittata e accusarlo di rassegnata freddezza è decisamente una porcheria.
Anche in questa età di nozze e fichi secchi, a Mourinho bisognerebbe riconoscere quanto meno un alto senso di responsabilità, di serietà aziendalista, comunque un’indubbia capacità di adattamento. Potrebbe a pieno titolo fare piazzate vittimiste, pararsi le spalle frignando per la pochezza del mercato giallorosso, potrebbe cioè prepararsi le scuse più buone per giustificare le futuribili bancate. Ma non è così. Mourinho non fa così. Magari non capisce, ma si adegua. Quello che pensa continua a dirlo tranquillamente, l’ha appena detto nella bella intervista al direttore Zazzaroni, dunque non si può dire che improvvisamente sia diventato un don Abbondio, pure depresso. È un’altra cosa, un altro genere.
È l’allenatore che ha vinto tutto, che ha gustato campagne acquisti da Montenapo, ma che improvvisamente si trova a fare i conti con la realtà di una Roma parsimoniosa, per dirla con misericordia. Ma di una cosa si può stare certi: Mourinho non è quel genere di allenatore che fa finta di essere contento comunque, Mourinho ha l’esatta percezione del materiale che gli resta in mano, eppure con questo continuerà a fare ad essere Mourinho. Nel bene e nel male. Noi italiani – in particolare – sappiamo poi come si evolvono certe situazioni: pretenderemo che la Roma giochi almeno per un posto in Champions e che giochi pure bene. Se così non sarà, addosso a Mourinho. Regolare. Con lui, poi, sarà un piacere doppio applicare il sovrapprezzo del suo passato e del suo istrionico carisma, rinfacciandogli una sconfitta. Le cadute dei grandi danno sempre una libidine particolare ai piccoli. Sono le regole (perverse) del gioco.
Resta però inteso che Mourinho non è un mezzo Mourinho. Non è improvvisamente uno Special-nine. C’è da scommettere che al primo minuto della prima partita sarà di nuovo lo stesso di sempre, al modo che l’ha reso unico e inimitabile. Mentre i suoi colleghi discutono di Mbappè e Osimhen, di Neymar e di Kane, di Vlahovic e Lukaku, lui al massimo può sognare Zapata. Magari senza che nessuno noti la differenza. Salvate il soldato José.