Walter Sabatini, ex d.s. della Roma, ha rilasciato alcune dichiarazioni durante la trasmissione ‘8° Scudetto‘ su Rete7. Queste le sue parole:
Perché lei quest’estate non è diventato il ds del Bologna?
“Era una ipotesi molto bella, ma il Bologna aveva e ha bisogno di immediatezza ed io non l’avrei garantita. Avrei lavorato in chiaroscuro lavorando un po’ per la Roma e un po’ per il Bologna. Era importante garantire anche la trasparenza: io non sarei stato presente al 100%. Con molto rammarico ho rifiutato. Oggi sono molto dispiaciuto, visto anche il mio epilogo a Roma un po’ deprimente. Ho insistito per andar via perché c’erano solo questi presupposti. Sono un tifoso della Roma e lo sarò per sempre, ma sono anche un grande simpatizzante del Bologna”.
Destro esploderà?
“Deve fare molto di più. E’ stato colpito spesso da problemi fisici. A Roma è arrivato come un cavallo di razza. Nella Roma ha fatto tanti gol, media gol straordinaria. Rimarrà statisticamente uno dei più prolifici della Roma. Ma ora non sono contento del suo atteggiamento a Bologna. I giocatori che sono usciti dalla mia mano li seguo con molta attenzione e cura. Bologna ha accolto Destro come un top player. Ha un carattere particolare: è un po’ permaloso e quindi questo si configura in campo nelle situazioni più imprevedibili. Per il resto è un giocatore forte che vede la porta. La squadra deve aiutarlo ma lui deve imprimere alle sue prestazioni una verve maggiore. Non ha nulla da invidiare a Belotti e Pavoletti, però Belotti gioca con più rabbia e cattiveria. È un po’ troppo aristocratico. Mattia deve reagire, deve tornare l’attaccante che la Roma e il Bologna hanno voluto. Destro ha fatto le cose migliori a Roma quando era in competizioni con grandi giocatori come Osvaldo e Totti. E’ giusto mettergli un po’ di pepe addosso”.
Vale la cifra che è stato pagato?
“Sì assolutamente”.
Ma ha segnato poco…
“Bisogna vedere l’aspetto del peso dei gol che ha segnato”.
Petkovic?
“L’ho seguito a inizio anno perché Cosmi mi disse che per caratteristiche tecniche poteva giocare nella Roma”.
Sadiq?
“Sadiq è un giocatore molto forte. L’operazione con il Bologna l’ho fatta io. Appena abbiamo concluso l’operazione il giocatore si è procurato una banale contusione. Ho dato mandato al mio medico di fargli la risonanza prima della partenza. Le analisi furono tutte negative. Il medico del Bologna fu informato e fece anche lui esami, che si rivelarono negativi. Il giocatore quando ha iniziato ad allenarsi a Bologna ha lamentato dei forti dolori e successivamente si è palesato un corpuscolo vagante precedentemente non rilevato da alcuna delle due risonanze. Mi dispiace per il Bologna e per il ragazzo. Alla Roma ha fatto due-tre partite importanti. Lo cercavano spesso perché in quel periodo riusciva a finalizzare bene l’azione trovando anche dei gol. E’ un giocatore inguardabile, tutto sgraziato. Ma è molto imprevedibile per questo. Avrebbe potuto benissimo giocare insieme a Destro, anzi lo può ancora fare (ride ndr). Sono addolorato dal fatto che si sia fatto male, speravo che dopo la sosta potesse tornare a giocare. Domani prenderò un caffè con lui”.
Torosidis?
“Lui per anni è stato un idolo dei tifosi della Roma, ma anche all’interno dello spogliatoio. Conosceva i suoi limiti. Ha giocato tante partite facendo sempre bene, magari non emergeva ma era molto affidabile. Non è stato un titolare perché davanti aveva un fenomeno declinante come Maicon. Il Bologna prendendolo ha cercato sicuramente la sua affidabilità. Toro è Toro. Nello spogliatoio era un coagulante. Quando ho compiuto questa operazione molti calciatori sono venuti da me a lamentarsi perché nello spogliatoio si faceva volere bene. La Roma non aveva l’esigenza di liberarsi di Torosidis”.
Ha mai pensato di smettere seriamente di fumare?
“Non ho mai pensato di smettere di fumare. Quando arrivano gli ultimi due tiri di una sigaretta sono un po’ deluso e penso subito di accendermene un’altra. Per le sigarette avrò speso l’equivalente di un bilocale a piazza di Spagna a Roma. Per fumare una sigaretta di media ci metto tre minuti, sotto stress però ci metto anche meno di due minuti”.
Verdone è un tuo amico?
“Non l’ho mai frequentato, ma lo adoro sia come attore che come regista. Mi sento però spesso con Valerio Mastandrea, è un mio amico”.
Come chiamavi a Roma Fenucci?
“Il contabile (ride ndr). Claudio ha lavorato sotto stress a Roma, ma ha sempre lavorato sodo”.
Fa prima il Bolgona a costruire lo stadio rispetto alla Roma?
“Lo stadio a Roma sarebbe fondamentale. In generale gli stadi di proprietà in Italia riporterebbero le famiglie. A Roma la vicenda è iniziata molti anni fa. A Bologna si tratta solo di una ristrutturazione e credo che sia più facile”.
Il mercato di gennaio a cosa serve?
“L’ho sempre vissuto con grande intensità e stress. Il calcio è sofferenza ed un uomo senza stress nel calcio è soltanto prestato. A volte sono riuscito a portare dei buoni correttivi. Ad esempio l’anno scorso alla Roma siamo stati fortunati e abbiamo preso due giocatori che hanno cambiato la marcia alla squadra, Perotti ed El Shaarawy. Due anni fa prendemmo Nainggolan dal Cagliari, operazione onerosissima e difficilissima. La comproprietà è stata pagata 9 milioni. Quando lo spogliatoio vede arrivare un compagno forte percepisce una scarica di adrenalina”.
Il colpo di mercato che ti è piaciuto di più?
“Ce ne sono stati tanti. Forse il più spettacolare e fortunato è stato Marquinhos. Era un bambino preso a 3 milioni. Dopo solo un anno è stato ceduto ad una cifra iperbolica”.
La cessione più dolorosa invece?
“Per prima cosa quando i miei giocatori sbagliano uno stop io sto male. Non vorrei essere il d.s. di Messi o Ronaldo: io sono il d.s. degli Emerson Palmieri. Comunque sia è stata quella di Yanga-Mbiwa. Mi sono trovato a disagio. L’ho preso dal Newcastle con una formula particolare: avrebbe dovuto fare 20 partite per essere acquistato obbligatoriamente. Poi ne fece più di 20 per necessità e per bravura. Era diventato il beniamino di tutti dopo il gol alla Lazio, però avevo esigenza di recuperare i 10 milioni del suo cartellino e ho ricevuto l’offerta del Lione. Ricordo ancora oggi il suo sguardo muto e senza odio nel mio studio. Sono stato male, non sapevo cosa dirgli. Sapevo di fargli un torto”.
Quante plusvalenza hai lasciato alla Roma?
“Molte ma non lo so con precisione. Fare plusvalenze è una prerogativa del mio lavoro, l’importante è lasciare la squadra competitiva”.
Era necessario dare Pjanic alla Juve?
“E’ stata un’operazione di mercato come le altre. C’erano anche delle prerogative economiche da rispettare. Quando il giocatore si aspetta di aumentare il proprio salario pone la società nell’ottica di riflettere”.
Poteva essere venduto anche meglio?
“No, il suo valore di mercato era quello”.
Emerson Palmieri?
“E’ stato considerato uno scarto ed un gregario per mesi. Ora sta crescendo e sta diventando un buon terzino. Contribuirà alle prestazioni della Roma, sarà fondamentale e in futuro sarà un uomo mercato. Il calcio riserva sorprese. Non giocava nel Palermo, nel calcio serve fiducia”.
Osvaldo?
“E’ un fenomeno. E’ stato uno dei miei più grandi rammarichi. Aveva un’ambivalente concezione della vita. Pensava di essere un uomo maledetto e una rock-star, era un personaggio difficile. Ma le cose che ha fatto a Roma sono state di un livello straordinario”.
Guarda l’aspetto caratteriale quando fa il mercato?
“Sul campo il carattere può essere simulato e si potrebbe anche prendere una fregatura. Io guardo più le movenze e le idee di un giocatore. Lamela ai tempi del River me lo ricordo ancora, mi conquistò con i suoi dribbling da puledro scatenato”.
Quanto lo pagò Ibarbo?
“E’ costato zero. Non è vero che lo pagai 8 milioni. Lo pagai 2 milioni di euro a gennaio per il prestito, poi a luglio mi ritornarono. Lui mi fece la partita della vita nel derby contro la Lazio. In quella partita fece il vero Ibarbo. Segnò e divenne subito un grande acquisto”.
La Coppa Italia che competizione è? E’ uno stimolo per le squadre?
“E’ vissuta quasi in maniera denigratoria nelle prime fasi. Spero che una piccola squadra la possa vincere. La Coppa Italia al Palermo fu una mia grande soddisfazione, la mia squadra arrivò in finale a Roma. Fu bellissimo vedere tutte quelle persone a Roma con la maglietta rosa. Quella inglese è sicuramente più suggestiva. Alla Coppa Italia va ridato l’impulso vitale. Ti da grandi aspetti economici: Europa League e Supercoppa”.