In quindici mesi di vita, la nuova Roma ha fatto tante cose buone: le iniziative di promozione del marchio, che presto si tradurranno in un aumento dei ricavi, lo snellimento dell’organico, che si è già tradotto in un taglio dei costi, la modernizzazione dei servizi per i tifosi. Aspettando lo stadio, che rimane un mistero, non c’è male. Ma i risultati sul campo sono stati insufficienti, non solo nelle aspettative della gente ma anche degli stessi dirigenti. Per non parlare di Unicredit che aveva fissato a inizio stagione come obiettivo primario il ritorno in Champions League, di cui la banca è sponsor. La media-punti finora è superiore soltanto alla drammatica era Ciarrapico (1991-1993).
IL PUNTO – Centoquindici milioni investiti in cartellini di calciatori, un disavanzo di 60 milioni nell’import-export, un bilancio che nel primo anno ha fatto registrare un passivo di oltre 58 milioni, due stagioni senza coppe europee che hanno provocato almeno altri 30 milioni di mancati introiti. Sono i numeri a mettere in discussione il management di Trigoria, che attraverso le voci di Baldini e Sabatini con grande senso autocritico si è detto pronto a uscire di scena non appena la proprietà lo vorrà (e se la squadra non si sveglia, qualcuno lo farà anche prima).
I FATTI – Premesso che le responsabilità dello sfacelo di queste settimane sono soprattutto di Zeman e dei giocatori – in estate la Roma era indicata come una squadra da primi posti – anche Baldini e Sabatini hanno colpe importanti. Il primo errore, che Totti e De Rossi hanno già evidenziato, è stato ideologico: trasmettendo la mentalità dell’utopia e della rivoluzione culturale, hanno tolto ai giocatori la pressione del risultato. Da qui nasce la scommessa Luis Enrique, che non era la prima scelta ed è stato ingaggiato dopo i no di Guardiola, Villas Boas e altri. (…)
INCERTEZZE – In realtà di magnifico c’è stato ben poco, nella Roma dello scorso anno. Guarda caso, la squadra è stata smantellata: sette degli undici acquisti della prima estate non giocano più a Trigoria. Ma se nell’anno iniziale Baldini e Sabatini avevano l’attenuante di essere partiti in ritardo per le difficoltà nella definizione del passaggio di proprietà, quest’estate il tempo per programmare il futuro c’era. Luis Enrique ha annunciato ai dirigenti la decisione di dimettersi il 25 aprile, alla fine di Roma-Fiorentina. Eppure la Roma ha impiegato un mese e mezzo per assumere Zeman. (…)
VIRATA – Zeman è stato preso per riportare entusiasmo nella piazza (abbonamenti) nella speranza di continuare il lavoro di Luis Enrique quando non c’erano alternative. Ma il suo calcio è molto diverso, la sua vis polemica pure. E i suoi metodi di lavoro non sono condivisi da una parte significativa della squadra. Adesso i giocatori non sono arrabbiati con Zeman. Sono delusi dai dirigenti. Specialmente Baldini, da cui si sentono distanti. A molti era stata promessa una crescita rapida, uno sviluppo. Il famoso progetto. Ma da ottobre 2011 a ottobre 2012, i risultati della squadra non sono migliorati di un centimetro. Non tutto è perduto, chiaro. (…)
Corriere dello Sport – Roberto Maida