La Gazzetta Dello Sport (A.Elefante) – Se il Napoli già fra due settimane avrà la certezza di giocare la Champions League, non avrà dubbi sui veri protettori del suo secondo posto. San Paolo inteso come il suo stadio, unico imbattuto in A certo: 15 vittorie e 48 punti (record battuto) per dire di un bunker che anche ieri lo ha fatto sentire al sicuro, al di là delle sbandate finali. E ovviamente San Gonzalo Higuain, che appena rimesso piede a casa ha ricominciato da dove un cartellino rosso lo aveva fatto smettere e ha spalancato al Napoli prima la partita e poi la porta della vittoria, di testa su assist di Callejon, al minuto 32 della ripresa. Trentadue come i suoi gol in campionato (e sono 100 stagionali per il Napoli): solo 1 meno di Angelillo e 3 meno di Nordhal, gli uomini record davanti a lui.
POCA CONCRETEZZA – Ma è stato lì che si è capito perché questo Napoli non è ancora certo di un piazzamento che pure merita. Perché giocare con la pressione della Roma addosso, e in difesa di qualcosa (il 2° posto, appunto), non è nelle sue corde, come quando si tratta di disegnare il suo calcio. Perché non ha finito la benzina, ma patisce un po’ la prevedibilità di chi ha accumulato fatica (nelle gambe dei soliti undici, finora titolari esattamente in una partita su due), stanchezza (nella testa) e tensione (nei nervi). Perché crea tanto ma in proporzione concretizza poco, ieri anche nel suo stadio, dove pure nelle ultime 4 partite aveva segnato 15 gol, e mai meno di 3. Perché anche ieri, nonostante il poco fatto dal’Atalanta, non ha chiuso la partita anche per poca cattiveria (vedi Mertens, 5’ prima del 20), oltre che per la serata di grazia di Sportiello. Due no straordinari a Mertens e El Kaddouri nel finale, per costringere il Napoli a tenere in gola il cuore: già provato da un 21 ev i t a b i l i s s i m o (cross da destra di Conti e deviazione decisiva di Albiol per stoppare Freuler) e nato da uno dei suoi non nuovi cali di tensione.
ATALANTA ORIZZONTALE – Eppure l’incessante ricerca di Higuain aveva trovato risoluzione già dopo appena 10’ del primo tempo, quando l’essenza di giornata dell’Atalanta squadra libera di testa al limite della disattenzione è emersa nella concessione di insolite praterie di spazi. Aggrediti bene prima da Koulibaly, che ha portato palla indisturbato ben oltre la metà campo, e poi dal Pipita, che sul lancio di Hamsik a tagliare la difesa è andato a rubare tempo e metri all’albanese Djimsiti, aiutato poco e male da Dramé. Prima e dopo l’10, l’Atalanta aveva dimostrato altra compattezza, spalmandosi sul 4-3-3 di Sarri molto più in orizzontale che in verticale: bypassata la profondità su Borriello e Diamanti (più che secondo play in appoggio a Cigarini, guardiano guastatore delle geometrie di Jorginho), Reja aveva individuato nelle fasce il potenziale punto debole del Napoli e chiesto frequenti cambi di gioco per attivare Kurtic, ma soprattutto la velocità di D’Alessandro. Sollecitato alle spalle da Masiello abbastanza da richiedere frequenti aiuti di Koulibaly agli affanni di Ghoulam.
CHE SPORTIELLO – E su quella fascia si sarebbe consumato gran parte del primo tempo, per l’abitudine del Napoli di pendere anche troppo a sinistra, lasciando a Callejon più occasioni per confermare le sue attitudini difensive che per attaccare la porta. Operazioni di cui si sarebbe occupato, a parte un tiro di Allan, soprattutto Insigne. Non sempre con la scelta migliore: soprattutto al 25’ pallonetto non irresistibile, dopo controllo imperfetto e attimo perso per puntare la porta spalancata da Higuain ma anche al 40’, con una semirovesciata forse troppo affrettata. La stessa fretta che il Napoli aveva poi avuto all’inizio della ripresa: un quarto d’ora di pressione feroce con l’Atalanta spalle alla porta, difesa bene per due volte da Sportiello (su Hamsik e Insigne) e una volta dalla traversa, su destro di Allan. E proprio quando quella spinta sembrava essersi esaurita, è arrivato un altro tipo di spallata: quelle che sa dare Higuain quando serve. Eppure ha rischiato di non bastare neanche quella.