Rudiger: “Lazio chi? Vinciamo noi, e i buuh li fate a Keita. Il mio futuro? Mi piace la Premier, dipende tutto dalla Roma”

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Il Tempo (A.Austini – A.Serafini) – Due derby giocati e vinti. Senza il sostegno della Curva Sud, ma lui non può sentire davvero la mancanza «perché da quando sono arrivato l’ho vista piena solo su Youtube». Antonio Rudiger parla in esclusiva a Il Tempo con lo stesso coraggio che lo accompagna dall’inizio della sua vita: un ragazzo nato e cresciuto in Germania in una famiglia numerosa scappata dalla guerra civile in Sierra Leone, che ha realizzato tanti sogni ma si è visto spezzare davanti agli occhi il più bello. L’infortunio gli ha tolto l’Europeo conquistato con tanto sudore nella Roma, quattro mesi di calvario, il recupero in tempi record e ora una nuova sfida che passa domani per il confronto con la Lazio. Sperando che sia vero il detto: non c’è due senza tre.

Siete pronti?
«Ci siamo allenati bene in settimana, ma non ci voleva questo infortunio di Salah».

Lei invece sembra completamente guarito.
«Sì, ho passato quattro mesi mesi lunghi e difficili, ora sono tornato in carreggiata, ringrazio tutti quelli con cui ho lavorato e anche me stesso».

Cosa significa farsi male all’improvviso al primo allenamento con la Germania in Francia?
«È stato uno shock, ho capito subito che non avrei giocato l’Europeo. Dopo una buona stagione con la Roma avevo voglia di partecipare a quel torneo, ma ho pensato subito positivo. Quella sera a cena con i compagni di nazionale regnava il silenzio mentre io ridevo e sembravo quello più sereno. A loro dicevo: “Tranquilli, è successo a me non a voi”. Mi era capitato un brutto incidente, vero, ma sono un ragazzo positivo, vengo da una famiglia povera e so quello che significa lottare per ottenere qualcosa. Non mi arrendo mai, che sia un infortunio o una partita. L’intervento e successiva riabilitazione sono andati bene, il professor Mariani mi ha detto che in quattro mesi sarei potuto rientrare in campo, all’inizio tutti mi facevano notare che era un tempo molto breve per un crociato rotto invece a me sembrava tantissimo. Adesso sto bene e ringrazio il chirurgo. Mi devono ammazzare per fermarmi, non è nella mia natura, io voglio sempre vincere».

E cosa dovrà fare la Lazio per impedirglielo?
«La stessa cosa, uccidermi».

Vi fanno paura quest’anno?
«Non conosco il club, tantomeno il loro allenatore, sicuramente saranno molto motivati, è una partita importante per entrambi. È un derby con una grande storia, ma non mi preoccupo e non guardo in casa della Lazio, preferisco concentrarmi sul nostro obiettivo: vincere e basta».

Avete studiato con Spalletti come fermare Immobile?
«Non ancora, lo faremo. Sappiamo che lui è in forma in questa stagione, ma siamo la Roma e secondo me abbiamo una squadra migliore della loro. Adesso lo dobbiamo dimostrare sul campo perché possiamo parlare e parlare per ore, ma l’unica cosa che conta è dare tutto domenica alle 15 per 90 minuti e oltre. Ci sarà da combattere parecchio in campo».

Senza la Curva Sud, mentre i tifosi laziali ci saranno. Vi sentite soli?
«Da quando sono arrivato la nostra curva piena l’ho visto soltanto nei video su Youtube e in tv. Non posso dire molto rispetto alle emozioni che potrebbe trasmetterci, ma Totti De Rossi e Florenzi mi hanno spiegato che sarebbe completamente diverso. È un po’ triste non avere il sostegno dei tifosi allo stadio, anche se guarderanno tutti insieme la partita da un’altra parte. Se fossero presenti ci darebbero una spinta in più. Così invece è un vero peccato, a Dortmund ad esempio 80 mila spettatori presenti in ogni partita rendono l’ambiente infuocato, non riesci neanche a sentire la tua voce in campo».

Almeno in città il tifo lo percepisce?
«Roma è incredibile. Il primo giorno che sono arrivato qui una signora anziana mi ha riconosciuto dentro la clinica dove stavo facendo le visite mediche. Ha detto: “Sei Rudiger!”. Sono rimasto scioccato… in Germania non succederebbe mai una cosa del genere. Devi essere Schweinsteiger, Lahm o Klose e forse, ripeto forse, ti potrebbe riconoscere. Ho capito subito che la città è pazza di calcio e quindi il derby è una partita speciale. In questi giorni la gente ti avvicina e cerca di scambiare due parole, tutti mi dicono: “Mi raccomando!”. Così senti la passione dei tifosi e noi dobbiamo sapere che domenica c’è soltanto un risultato: la vittoria. Anche pensando alla classifica».

Nei derby dell’anno scorso si è accorto dei «buuh» razzisti provenienti dalla curva laziale?
«Ho sentito qualcosa, ma preferisco non dare importanza a questa gente. Tra l’altro devono avere qualche rotella mancante visto che anche nella Lazio giocano calciatori di colore come Keita. Quindi che senso ha? Se insultano me dovrebbero capire che stanno facendo lo stesso con un ragazzo della loro squadra».

Se dovesse sceglierne una sola, preferirebbe battere la Lazio o la Juve a Torino?
«Preferirei vincere il derby perché è la prossima è perché è la partita più importante per i romanisti, ma se dovessi ragionare in ottica scudetto forse sarebbe più funzionale fare tre punti in casa della Juve».

I bianconeri vi sembrano più deboli quest’anno?
«È vero che non stanno giocando benissimo, ma onestamente la Juve ha quello che manca a molte squadre italiane: la mentalità vincente. Per esempio lo scorso anno ha vinto 2-0 a Bergamo difendendosi, noi abbiamo preso tre gol lì e quest’anno abbiamo addirittura perso. È questa la differenza tra loro e le altre. Noi abbiamo lasciato troppi punti sciocchi per strada, tipo Empoli, dove invece Fiorentina e Milan hanno segnato quattro gol».

È più vicina la Juve al Bayern Monaco o la Roma alla Juve?
«La squadra di Allegri non è così lontana dal Bayern, la scorsa stagione avrebbe superato il turno in Champions senza quell’errore di Evra. Secondo me la Juve è tra le prime cinque squadre d’Europa, la Roma si sta avvicinando ma siamo ancora dietro. Quando puoi permetterti di comprare un giocatore da 90 milioni non è neanche corretto fare paragoni visto che noi non possiamo spendere una cifra del genere. Hanno venduto un calciatore come Pogba per 120 milioni e preso gente del calibro di Dani Alves, Benatia, Pjanic e Higuain, sono grandi campioni che aggiungono ulteriore qualità in una rosa già competitiva. Non sto dicendo che il nostro mercato non sia buono, ma la differenza c’è».

Però guardando le partite di questo campionato il divario non sembra così grande.
«Vero, se non avessimo perso punti per strada saremmo davanti, in ogni caso adesso siamo -4. Un anno fa di questi tempi loro non stavano giocando bene ma erano comunque davanti dopo che a settembre noi avevamo più dieci punti di vantaggio. E a fine stagione: Juve 91 punti e Roma 80. Ma quest’anno per me possiamo riprenderli: dobbiamo crederci».

Andrebbe mai alla Juve?
«Non si sa mai nel calcio, il mio sogno è giocare un giorno in Inghilterra. Adesso sono contento a Roma, mi hanno preso che ero infortunato, hanno creduto in me e ho grande rispetto per questo club».

Dove le piacerebbe andare in Inghilterra?
«Al Leeds United (risata, ndr). La Premier League mi piace molto, è un calcio fisico e si adatta alle mie caratteristiche, ma al momento, davvero, sono concentrato sulla Roma e sul derby».

È difficile restare in Italia con stadi vecchi e vuoti?
«Io ci sto benissimo. Mi sento molto meglio qui che in Germania, le culture sono completamente diverse. Nel mio Paese ci sono un sacco di regole, in Italia si va un po’ a destra e un po’ a sinistra. Alcune volte può essere sconveniente, ma in linea di massima preferisco la mentalità italiana. Se in Germania ti dicono che servono due giorni per fare un lavoro in casa, sono due giorni. Qui no e all’inizio pensavo: “Mamma mia”. Però poi sono tutti così gentili e simpatici che alla fine accetti di buon grado anche se arrivano in ritardo».

E col traffico come se la cava?
«Devi avere sempre mille occhi aperti per via degli scooter che si infilano ovunque: è un pericolo continuo. Ormai mi sono abituato e, anzi, devo stare attento quando torno in Germania per non rischiare di farmi togliere la patente. Insomma amo Roma, la cucina è incredibile, il clima ottimo rispetto alla Germania. E pensandoci, in Inghilterra non è che sia tanto meglio».

Manca solo una cosa.
«Sì, è tempo di vincere, assolutamente: sono passati 15 anni dall’ultimo scudetto, troppi. Il nostro è un club con una bella tradizione, in un momento in cui in Bundesliga alcuni grandi club lottano per la retrocessione, noi abbiamo la fortuna di competere ancora per il titolo. Dobbiamo provarci fino in fondo».

È vero che stava per firmare per il Chelsea prima di infortunarsi?
«No».

Il suo futuro è a Roma?
«Sono concentrato solo su questo, anche perché vengo da un grave infortunio, ho lavorato bene e mi sento a casa. Se la Roma non vorrà vendermi, resterò qui».

Sabatini lo sente ancora?
«Sì, siamo rimasti in contatto. È una persona speciale per me oltre che un grande uomo, è lui che mi ha portato alla Roma, mica Garcia».

Sta migliorando con Spalletti?
«Basta vedere il mio rendimento di prima con Rudi e quello di adesso. Sono onesto, all’inizio non ho fatto bene, da quando c’è Spalletti credo di essere cresciuto molto tatticamente ed è il motivo per cui sono venuto: sapevo che in Italia avrei imparato molto sotto questo profilo. Ho fatto anche un assist per Dzeko, anche se non è il mio mestiere».

Neppure segnare lo è, ma in un derby non conta chi fa gol.

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