Inizia oggi in occasione di Roma-Napoli una nuova rubrica di pagineromaniste.com. “A tavola con l’avversario” vi delizierà con una delle ricette simbolo dell’avversario che di volta in volta sarà affrontato dalla nostra amata Roma. Oggi abbiamo deciso di parlare del babà; gustiamocelo insieme attraverso qualche cenno storico ma soprattutto attraverso le sue modalità “classiche” di preparazione.
Partiamo dal suono della parola, così importante per i napoletani ai quali interessa sempre anche la musicalità di una frase e di un discorso. Babà ha dunque nel suo suono, la seconda bi appena un po’ raddoppiata ma senza calcare sicché mai diventa babbà ma non è neanche babà alla francese, uno dei segreti capaci di annunciare il suo successo perchè gioca sulla piacevolezza dell’udito e sul successo della memoria: come dimenticare mai qualcosa, un dolce, con questo nome? Le prime due lettere dell’alfabeto, talmente facili da pronunciare che per i greci erano sinonimo dei popoli privi di una lingua costruita, bar bar, barbari appunto.
Eppure, proprio come la pizza, la pasta, il caffé, il babà non è nato alle falde del Vesuvio ma nel freddo Nord, precisamente in una cittadina francese chiamata Luneville ai confini con la Germania: a inventarlo fu un re bidetronizzato, il polacco Stanislao Leszczinski, suocero di Luigi XV di Francia che aveva sposato sua figlia Maria. Ancora oggi esiste un dolce, baba senza accento, ossia slavo e non francese, nella sua Polonia.
Si dice che l’ex re abbia bagnato nel Madeira una fetta di kugelopf, il dolce austriaco ermafrodito, cioè mezzo panettone e mezzo brioche, e che da allora lo abbia sempre voluto così.
La forma diventa quella della cupola di Santa Sofia, il nome scelto è Ali Babà, il protagonista de “Le Mille e una notte”. Si perderà poi la parola “Alì” e rimarrà solo Babà nel lungo cammino verso Napoli.
Il dolce è simbolo del filo diretto con cui Napoli è sempre stata legata a Parigi negli ultimi tre secoli. Un legame nato precisamente quando Maria Antonietta sposa Luigi XVI mentre Maria Carolina si lega a soli sedici anni nel 1768 per procura a Ferdinando IV di Borbone.
Nel 1836, , il babà appare come dolce tipico napoletano nel primo manuale di cucina italiana scritto da Angeletti per Maria Luigia di Parma. Status symbol, poi tradizione, il babà entra nelle case di tutti, segna la pasticceria del Regno delle due Sicilie e poi dell’Italia.
Andiamo ora a vedere la ricetta e la modalità di preparazione del babà:
Ingredienti per 10 babà:
– Per la pasta
240 gr di farina
80 gr burro
40 gr zucchero
4 uova
4 gr sale fine
– Per lo sciroppo al rhum
30 cl di acqua
150 gr zucchero
1,5 dl di rhum
PREPARAZIONE
Con un terzo della farina fate un panetto: sciogliete il lievito di birra in due o tre cucchiai di acqua tiepida e amalgamatelo alla poca farina rimasta.
Lavorate la pasta col polso, rendetela liscia quindi mettetela su un piatto infarinato a lievitare per una trentina di minuti. Quando si gonfia mettetela in una ciotola concava, aggiungete le uova, il burro tenuto per qualche ora a temperatura ambiente e amalgamate. Aggiungete il resto della farina, lo zucchero e il sale.
Ottenuto un impasto morbido, lavoratelo prendendolo tra le dita, sollevandolo e sbattendolo nella stessa ciotola fino a quando forma delle bolle.
A questo punto lasciatelo nello stesso recipiente per circa 40 minuti a lievitare.
Quando è cresciuto, mettetelo in 10 formette unte di burro. Riempitele fino a metà. Fat lievitare di nuovo, poi quindi informate a 180 gradi per almeno un quarto d’ora.
Sformateli lasciateli raffreddare.
Preparate lo sciroppo facendo bollire per un paio di minuti l’acqua con lo zucchero. Mettete un babà per volta su un piatto fondo e versate lo sciroppo caldo su tutti i lati.
Al momento di servire bagnate col rhum e lasciateli riosare su un vassoio coperti da un tovagliolo.
Cosa dire, il babà è un dolce fantastico per la sua bontà e semplicità di preparazione, speriamo che questa sera sarà la Roma a poterlo degustare e proseguire così la marcia trionfale in testa alla classifica