Il Messaggero (A. Angeloni) – Quello dei tifosi svedesi, nella curva della Boras Arena, è un “muretto giallo”, e in campo l’Elfsborg si finge il Dortmund. O forse è la prestazione vuota della Roma a farlo sembrare tale, al di là del colore della maglia. Un punto (quello con il Bilbao) in due partite non sono da Roma, ma forse sono da questa Roma, figlia di una crisi che sembra non finire mai e che la porta a sviluppare prestazioni sempre altalenanti, mai convincenti fino in fondo, sia in campionato e, appunto, in Europa.
E’ possibile che si sia fatta una scelta strategica, ovvero puntare tutto sul piazzamento Champions (mica facile tra l’altro e comunque vedremo lo stato di salute della squadra domenica a Monza) e lasciare l’Europa in secondo piano. Ma questo non giustifica comunque questa sconfitta sì su un campo difficile (il terreno sintetico non aiuta di sicuro) ma comunque contro una squadra modesta, quinta forza del campiona-to svedese.
La Roma là davanti balbetta, è vero domina il possesso (74 per cento), ma partorisce tiri (sembrano cross) che non spaventano nessuno: un paio di Soulé, più una svirgolata di Shomurodov e una di Pisilli. Occasioni vere, zero. Il dominio si sviluppa in orizzontale, mai in verticale e uno come Shomurodov, preferito allo stanco Dovbyk, ha bisogno di quel tipo di palloni, da inseguire e non troppo da controllare. Non paga nemmeno la scelta di Saud Abdulhamid, alla prima da titolare, pure al battesimo europeo: il ragazzo ha una bella corsa, ma con la palla tra i piedi spesso pasticcia e stecca un po’ tutti i cross.