Il Tempo (A.Austini) – Tre gol, gioco verticale, sprazzi di spettacolo. Il ritorno di Florenzi subito protagonista e capace di restare in campo per 90 minuti, Dzeko che scaccia la «solitudine» con una doppietta, Nainggolan a segno nonostante non sia più trequartista, i debutti dal primo minuto di Under e Pellegrini più quelli assoluti nel finale di Schick e Moreno. Insomma tante buone cose che servivano alla Roma per ripartire e trovare entusiasmo, il modo migliore per scacciar via la negatività denunciata da Di Francesco alla vigilia. Certo, col Verona modesto visto ieri all’Olimpico a tratti è sembrata un’esibizione più che una gara ufficiale e quindi nel giudicare la gara va trovato il giusto equilibrio tra i meriti romanisti e la pochezza dei rivali, costretti a chiudere in dieci per l’espulsione di Souprayen. Se Pecchia non trova qualche accorgimento, di questo passo l’Hellas rischia un lento sprofondare verso la serie B. Comunque la vittoria è arrivata e a Di Francesco serviva come il pane.
Stavolta neppure la pioggia ha fermato la voglia dei giallorossi di «iscriversi» a questo campionato, dove si parla di tutti tranne di chi negli ultimi anni è stata la squadra meno lontana dalla Juventus. Il tanto temuto nubifragio c’è stato ma solo di passaggio durante la partita, i teloni messi a protezione del campo nelle ore precedenti al match sono risultati inutili, l’Olimpico tra tanti difetti ha confermato di avere almeno il miglior terreno di gioco in serie A quanto a resistenza alla pioggia. Cinque cambi nella formazione iniziale rispetto all’Altetico, col ritorno di Florenzi a 325 giorni dall’ultima partita in casa del Sassuolo in cui si infortunò al ginocchio, Fazio a far coppia in mezzo con Manolas, ed El Shaarawy preferito in partenza Perotti nonostante Di Francesco lo ritenesse l’uomo più in forma.
Il segreto della scioltezza con cui la Roma ha tagliato a fette il Verona è stata l’intesa e l’energia di una catena di destra completamente inedita. Florenzi sta già bene, Pellegrini conosce meglio dei compagni i movimenti da intermedio chiesti dal tecnico e in questo momento sembra avere una condizione superiore a Strootman, mentre Under ha la classe del predestinato. La Roma parte forte e ci prova con El Shaarawy e Pellegrini, poi Dzeko si inceppa sul più bello dopo una splendida azione personale. E ancora lui, da centravanti «aristocratico» qual è, resta in piedi dopo un fallo da rigore più espulsione provando a calciare e si fa respingere il tiro da Nicolas. I segnali diventano funesti, ma è solo un’impressione: Florenzi si vede deviare una gran conclusione in angolo e Under colpisce il palo.
Quindi tuoni, fulmini e nubifragio che arriva puntuale ma Nainggolan cammina sulle acque e al 22′ segna lo strameritato vantaggio con inserimento da dietro e assist di El Shaarawy. La pioggia cala e Dzeko, premiato prima della gara col riconoscimento Aic da Damiano Tommasi per il titolo di capocannoniere dell’anno scorso, timbra il cartellino per il raddoppio andando a ringraziare Florenzi che gli pennella il pallone sulla testa. Nella ripresa si riforma l’asse slava del Manchester City e Kolarov regala al suo amico Edin la palla del raddoppio. Siccome tutto torna, non a caso nel tabellino entrano proprio i due giocatori al centro del dibattito tattico aperto da Dzeko, che ieri non si è sentito affatto solo in attacco, mentre Nainggolan ha dimostrato (lui non ha mai avuto tanti dubbi in realtà) di poter far gol anche partendo qualche metro più indietro. Il finale è accademia, con gli ingressi di Schick, Gerson e Moreno. Unica nota stonata una inspiegabile discussione tra Gerson e Bruno Peres dopo il triplice fischio: il team manager De Sanctis li divide. La tensione c’è ma da ieri è positiva.