Corriere dello Sport (G.Dotto) – Batosta nei numeri ma non nella sostanza, e comunque sconfitta che brucia, al fondo di una partita feroce in tutti i sensi possibili. Per l’andamento e per l’esito. I temi ora sono due, forse tre. Il primo sarà più facilmente strombazzato in tutti i circuiti oracolanti della città, quello degli “scontri diretti”. L’idea cioè che la Roma sia affetta da chissà quale male oscuro quando incontra le “grandi”. Ieri, contro gli ossessi di Gasperini, ha tenuto fino a che ha potuto. Se l’è giocata alla pari per sessanta minuti, fino a che le gambe e la testa sono state a regime. Poi, Ilicic, l’1-2 in pochi minuti, lo schianto mentale ancora prima che fisico. La Roma non soffre di complessi congeniti verso l’ubi maior, soffre di altro.
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Se due dei tre extra, vale a dire Dzeko e Pedro, sono così al di sotto del loro standard, rischi di diventare una squadra poco più che normale. Se quello dello spagnolo può essere interpretato come un calo di condizione, un dubbio e una domanda s’impongono: siamo sicuro che tenerlo così lontano dalla porta non significhi sprecarlo? Il caso Dzeko preoccupa di più. Urge capire cosa e quanto manca per riaverlo per quello che è sempre stato: un indispensabile fattore di differenza. L’altro tema è quello dei portieri. In questo momento Mirante e Pau Lopez sono impegnati in una gara al peggio che toglie certezze e destabilizza la squadra. Serve una brillante ispirazione da qui a gennaio.