Da ieri sera si dice: come fa essere la Roma che ha battuto l’Udinese la stessa squadra umiliata a Lecce? Ma la vera domanda è un’altra: cos’è la Roma? Come fa essere così grande che ti fa passare dal grigiore, dal niente di domenica pomeriggio a ritrovarti con le tonsille in mano quasi commosso mercoledì alle dieci e mezza di sera?
In tre giorni, si sa, si risorge, ma qui è successo qualcosa di più . Ed è tutto così più sincero, vero, autentico di un miracolo. Si è sempre detto che gli altri – tutti gli altri – non lo capiranno mai che significa essere romanista, ma è ancora più vero che nemmeno chi è della Roma lo sa: non lo sapremo neanche noi quanta roba (amore?) c’è dentro questa storia. Non si spiega. Si sente. Quando Totti segna il 2-1. Sotto la Sud. Quando Totti va sotto la Sud. E si guarda quasi uno a uno i tifosi che gli stanno davanti e poi aspetta, uno a uno i giocatori che gli arrivano da dietro. È una comunione. Un’orgia di punti cardinali. Un orizzonte sbattuto in terra. Un’ammucchiata. Non lo puoi capire. Lo puoi vedere quando Luis Enrique s’abbraccia Andreazzoli e Nanni (mica i suoi spagnoli) e urla come un ragazzino, come se fosse tifoso di Totti da quando Totti era bambino. Prima di ieri, per chi se lo ricorda in questa piazza che si scorda, c’erano stati i sorrisi pieni, sentiti, lievi di Luis a Napoli e a Bologna, ma l’urlo di stanotte è più bello. Puro. Forte. Liberatorio. Romanista. L’urlo di una persona giusta che comunque andrà a finire questa storia ha dimostrato a tutti di essere una bella persona, perché crede nel lavoro e nel valore dei sentimenti profondi: paragonatelo a Cyrano se cercate un paragone, per come si comporta con la sua squadra. Ieri dopo la partita ha detto la cosa più semplice e bella: «Questa è la mia Roma». Provate a toglierlela.
Stamattina ha pure due punti in più dell’allenatore più acclamato (Stramaccioni a parte, pardon) di tutti: Walter novellino Mazzarri. Provate a togliergliela. Certe cose non vanno via. Non vanno via nemmeno se non le vuoi più. Nemmeno se ti convinci che è finita e basta. Certe cose è come se ci fossero sempre state e sembra che se ci saranno sempre. Certe cose sono Francesco Totti. C’è un dato che fa impressione. Ieri sera Francesco Totti, che contro l’Udinese quasi quindici anni fa entrò per la prima volta con la fascia di capitano, che in un 11 aprile di tredici anni fa ci fece tanto felici (era l’anniversario del “Vi ho purgato ancora“, son cose che contano) ha segnato il gol numero 212 in campionato. Il doppio dei gol di Roberto Pruzzo. Totti 212. Pruzzo 106. E Pruzzo per generazioni e generazioni è stato e resterà il Bomber. Il 9, il gol. Totti ha doppiato Pruzzo! Sono ere geologiche, spazi astrali, sono le risposte a tutte le domande. Da quelle escatologiche a quelle che da ieri sera si fanno tutti: come fa a essere la Roma la stessa squadra di Lecce? Forse perché non c’era Totti? No. Non solo sarebbe poco, sarebbe sbagliato. Totti è un’altra risposta. Questa: «Io ho perso a Lecce anche se non c’ero, la brutta figura l’ho fatta anche io». Ecco che cos’è la Roma.
Il Romanista – Tonino Cagnucci