Ricapitalizzano. Vuol dire che buttano nella cassaforte i dobloni di mamma Fiat e gettano via il loro passato. Andrea Agnelli l’ha annunciato ieri durante l’assemblea degli azionisti bianconeri, infischiandosene della drammaticità del momento, del romanticismo di un calcio che di romantico non ha davvero più nulla: grazie Del Piero, ma qui non servi più. «L’unico legame tra le varie case della Juve è il nostro capitano, che ha voluto rimanere con noi ancora un anno per quello che sarà il suo ultimo anno in bianconero». Torino città solare (cit. Zebina) ha appena ammainato l’ultimo drappo di juventinità. Dalla prossima stagione, in Serie A ci sarà un’unica immensa bandiera. L’ultima. C’è, ci sarà, solo Francesco Totti. Avete presente? È il Capitano con la “c” maiuscola, il cappetanocome lo chiamano quelli che un capitano non sanno scriverlo nemmeno con la minuscola e che l’unica bandiera che hanno avuto li ha portati in B da presidente per demeriti sportivi. Avete presente? Totti è lo stesso uomo che è rimasto pure se si è sentito dire che creava problemi, che era il male della Roma, che cercava di remare contro la società, che non voleva gli americani, che voleva solo la Sensi. E pure che se il derby non lo avesse giocato, per la Roma sarebbe stato meglio. Un’idiozia, considerato che il 13 marzo 2011 la partita Roma-Ente Morale retrocesso in B per illecito sportivo è finita 2-0 per Totti. Il niente. Dopo Francesco c’è il vuoto. L’amico Del Piero lo inseguiva un po’ dappertutto nei numeri da leggenda. Totti gli ha reso omaggio con un pensiero da fuoriclasse: «La felicità professionale e personale di Alessandro – ha detto all’Ansa- viene prima di ogni cosa. Ma affrontare la Juve senza Del Piero, se dovesse accadere, non sarà mai la stessa cosa. Circa venti anni di sfide sportive sono tante, ma davvero tante: ognuno di noi le ha vissute sempre e solo con la stessa maglia».
Il dato che più conta è quello sulle stagioni disputate. Per il bianconero sono e resteranno 19. Totti, che peraltro non ha esordito col Padova e che in B non c’è mai stato, ne vanta una in più. A Milano spacciano per bandiera l’argentino Zanetti, e così sia: 17 stagioni. Segue Ambrosini con 16 ma una parentesi importante – giocava sempre – nel Vicenza 97/98. Qualcun altro? Mah. C’è Daniele Conti con 13 stagioni al Cagliari, Doni 10 all’Atalanta, Cannavaro e Di Natale con 8, rispettivamente, a Napoli e Udine. Ah, e poi c’è l’Ente Morale. Il capitano in campo è Ledesma e la bandiera… La bandiera… Mmmh, la bandiera chi è? Rocchi? Boh, forse sì. Se giocasse, la fascia sarebbe sua. Vediamo un po’. È veneziano, ha vestito le maglie di Pro Patria, Fermana, Saronno, Como, Treviso e Empoli prima di approdare a un’altra piccola della Serie A e venendo relegato in panchina inganna il tempo gustandosi la conferenza stampa di Totti. «La battuta su Reja? Fa l’attore». A tempo perso sì, e gli riesce pure discretamente bene. Il problema, per Rocchi e per i fan dell’Ente Morale, è che gli riesce bene anche il resto. Lassù ci hanno puniti forse anche per quello splendido gesto di Osvaldo, perché nella storia – ormai è evidente – li può purgare solo lui. Solo Francesco Totti. Solo l’uomo che dal 28 marzo 1993 a oggi ha vinto tutto quello che si poteva vincere, uno scudetto, due Coppe Italia, un paio di Supercoppe, un Mondiale, qualche miliardo di titoli individuali dell’Assocalciatori. Solo l’uomo che se ha vinto la Scarpa d’oro (miglior bomber d’Europa) e non il Pallone d’Oro è perché al Real Madrid ha saputo dire un giorno no, grazie. Francesco ha un contratto fino al 2014. Se dipendesse da lui, l’ha detto chiaramente giovedì scorso, giocherebbe fino a 40 anni. «Perché mi diverto, il calcio mi ha dato tutto e se sto bene voglio proseguire. Quando vedrò che non ce la farò più getterò la spugna, ma adesso non ci penso proprio».
Per qualche tempo ha creduto che qualcuno lo prendesse in giro. Tutti lo rassicuravano: sei al centro del progetto, la Roma con te sarà fichissima, con Luis Enrique se segnerai un miliardoseiceventi milioni di gol. E poi però veniva sostituito da Okaka. Stai tranquillo, France’. È così che gli dicevano. Solo che tranquillo qui a Roma ha fatto una brutta fine. Che poi è quella che temeva Totti, che poi è la stessa che toccherà a Del Piero, un simbolo di fede accantonato, equiparato a un ammortamento, sostituito da un capitan futuro che nella Juve sarà quasi certamente Buffon. Ma se Del Piero per la Juve è adesso un orpello, un ornamento troppo costoso, una fascia senza più valore, Totti è ancora oggi dotato di piena luminescenza. Alex è cinicamente giudicato una stella nana, vicina allo spegnimento, a un passo dal buco (bianco)nero. Francesco, all’opposto, è ancora in pieno big bang. È una costellazione in fieri, una leggenda giocante, è l’anello di congiunzione tra un paio di generazioni. Un padre non può dire al figlio «tu non sai chi era», perché Totti non è una cartolina del passato. Un Crujff in bianco e nero. Se la redazione di Sfide vuole dedicargli una puntata, non ha bisogno di pescare nell’archivio Luce. Basta che vadano a Trigoria. Ha fatto l’impossibile per esserci al derby. Quando a Trigoria si sono resi conto che non c’erano le condizioni neanche per mandarlo in panchina, l’obiettivo è diventato il Palermo. Per ora fa palestra, si allena da solo, stringe i denti come sempre. Aspettando. Aspettando di incontrarsi con Baldini. Un’intervista estiva può creare una frizione, turbare un rapporto ma non spezzare l’incanto e quindi la Roma. E quindi Totti. Perché questa non è “Torino città solare”, terra di mercenari in fuga e bandiere sventolate all’occorrenza. Questa è Roma, questa è casa Totti. Qui non basta un’assemblea degli azionisti a decidere quando un capitano non merita più un contratto. Per loro la Storia è un saldo in attivo. Per noi la Storia non si vende, non si baratta, non è il sacrificio necessario per rimettere in sesto un bilancio. Per noi Francesco Totti è sempre stato l’ultimo immortale. E sapete che c’è? Dalla prossima stagione lo sarà per tutti.
Il Romanista – Daniele Galli