Stavolta è finita tra i fischi. Sacrosanti, perché una Roma così brutta li meritava. Il bonus della pazienza è esaurito, se ne sarà accorto in tribuna autorità anche DiBenedetto, seduto accanto all’avvocato Tacopina. Mr. Tom è uscito un’altra volta deluso dall’Olimpico, ma continua a lasciare ai dirigenti la massima libertà di azione: saranno Sabatini e Baldini a dover trovare le contromisure per superare una crisi ormai conclamata. DiBenedetto lavora su altri fronti: ieri ha incrociato Mezzaroma, oggi si vedrà con Malagò, in serata verrà ricevuto dall’ambasciatore giapponese, il 5 e 6 ottobre volerà a Londra per partecipare al forum internazionale sul calcio «Leaders in football». Tutto bellissimo, per carità, ma il lavoro più grosso e urgente è da fare sul campo. E non compete a lui. Luis Enrique perde certezze ma non la fiducia della società: si andrà avanti con lui. A tutti i costi.
Dopo il fischio finale il tecnico ha riunito il suo staff e i giocatori nello spogliatoio. «La squadra – dice Sabatini – sta cercando di fare quel che l’allenatore chiede. A volte ci riusciamo a volte no. Non abbiamo tranquillità nel proporre le giocate, abbiamo il braccino un po’ corto e ci manca sicurezza. L’assenza di vittorie ci condiziona. In allenamento si lavora, ma poi si gioca troppo in orizzontale e ci sbilanciamo troppo facilmente. Non bisogna perdere la convinzione sennò ci affossiamo. Dobbiamo migliorare, ci riusciremo».
Seguendo l’esempio di Totti, «perché – sottolinea il ds – quando uno della sua levatura fa uno sforzo come quello visto col Siena c’è da essere tranquilli: se gli altri seguono il suo esempio cresceremo sicuramente». Ci vorrebbe una scossa, quella che potrebbe dare Lamela. Ma quando? «Faccio una denuncia: avevo chiesto – accusa Sabatini – alla federazione argentina di non farlo giocare al Mondiale Under 20, non lo hanno fatto e ora ci ritroviamo un ragazzo infortunato. È penalizzante». Si attendono repliche.
Il Tempo – Alessandro Austini