Fischi per la nuova Roma di Luis Enrique, ancora a zero vittorie in 5 gare ufficiali. E anzi alla fine l’1-1 col Siena – davanti a Di Benedetto all’Olimpico accanto all’ineffabile Joe Tacopina – sta proprio largo agli alunni barcellonisti e troppo stretto ai toscani, che hanno avuto almeno sei-sette palle gol contro una Roma che fa solo teoria. E sembra ormai cominciare a difettare anche di cuore e carattere. Tutti impegnati a fare il compitino si perde l’essenza stessa del calcio. Unica consolazione giallorossa avere
gli stessi punti del Milan. Ma per il resto parole e bel calcio mai visto. Luis Enrique ha scelto come base la squadra che aveva discretamente impressionato – nel gioco, ma non certo nelle conclusioni – a Milano contro l’Inter, uno 0-0 anche un po’ svalutato, a posteriori, dai disastri combinati dalla squadra di Gasperini.
Confermato il Perrotta terzino a destra – a testimonianza che i terzini autentici come Cassetti e Rosi nella Roma finiscono nei palchetti dell’Olimpico -, mentre dall’altra parte al rientro José Angel. E in attacco confermato vicino a Totti Osvaldo, mentre per la prima volta Borriello ha strappato un posto da titolare. Più che parlare di possesso palla (66%) nella Roma si deve parlare di teoria, vuole spiegare al mondo come si gioca al calcio. A volte è interessante seguire la lezione del professore ma assai di più si sbadiglia. E per divertirsi bisogna aspettare le sfuriate del Siena. Sperduti a centrocampo i terzini – tanto che i senesi, furbi, lì si infilano con Grossi o Angelo soprattutto dalla parte di Perrotta – resta una difesa a tre visto che De Rossi si sistema tra Kjaer e Burdisso a comandare il fuorigioco, rinviare di tacco, e rimettere in moto l’azione. Quella della difesa a tre – caso Inter a parte… – è un teorema che gira molto tra i guardiolani. Col Valencia (2-2) infatti Guardiola ha schierato un insolito (per il Barcellona) 3-4-3, con Mascherano, Puyol e Abidal. E così De Rossi continua a essere paragonato ora a Busquets ora a Mascherano. Mentre Totti ormai non fa più l’attaccante ma il trequartista. E in più gli tocca rincorrere tutti, perfino intervenire come uno stopper in scivolata in difesa.
La Roma stavolta il gol lo ha pure fatto (primo tempo un tiro, un gol): lancio un po’ lungo a sinistra di De Rossi, José Angel che tiene palla e rimette al centro, Borriello che la intercetta a gamba alta per farla filare davanti alla porta, e Osvaldo che la devia in gol con un tiro dal basso verso l’alto, che un altro po’ e va fuori. Andando oltre il gol, catalogato come numero 2 in tre giornate di campionato e numero 3 nelle cinque partite di Enrique, la realtà è che il Siena di Angelo, Calaiò o Brienza – Sannino aveva ben sei giocatori diversi rispetto al ko di domenica contro la Juve, con centrocampo e difesa fortemente ridisegnati – può mettere in difficoltà anche i barcellonisti di Roma. Chissà se la teoria prevede di trovarsi davanti uno come Brienza che Messi non è ma è alto come lui (1,68) e riesce pure a incornare di testa un pallone che sibila proprio sopra la traversa di Lobont. Brienza, Calaiò, Angelo, Bolzoni e soprattutto Gonzalez – proprio l’attaccante argentino ha avuto una clamorosa occasione a porta vuota tirando di testa nel secondo tempo con Kjaer che ha salvato miracolosamente di coscia – hanno mirato certamente di più alla porta di Totti, per il quale ormai l’esercizio del tiro è ridotto alle punizioni. Il Siena non si è mai arreso alla Roma, anzi, l’ha contrastata e spesso sovrastata. Il gol di Vitiello dopo il palo di Brienza proprio nel finale è stato un vero e proprio atto di giustizia. L’Olimpico che se ne è reso conto ha salutato con i fischi l’uscita dal campo.
La Repubblica – Fabrizio Bocca