Il Messaggero (G. Mustica) – E adesso tocca a José Mourinho. La società il suo lo ha fatto portando a Roma l’attaccante richiesto dallo Special One: Romelu Lukaku è giallorosso e adesso il compito dell’allenatore è quello di metterlo nelle condizioni di aiutare la squadra.
Il belga è quel profilo che Mou voleva: abile spalle alla porta, capace di aprire spazi per i compagni, che legge il gioco prima in alcune occasioni e che quindi può anticipare la giocata lì davanti, dando quell’imprevedibilità alla fase offensiva della Roma. Lukaku è quel pezzo mancante del puzzle, l’ultimo, quello che credevi di aver perso e che poi ritrovi e sei felice. Non solo tu, ma anche chi crede in te vista l’accoglienza da re a Ciampino nel pomeriggio di ieri. Accoglienza che solo ai grandi è riservata. Ai Big.
La certezza tattica di Mourinho è il 3-5-2 e non ci sono sentori al momento di una rivoluzione: al massimo in qualche occasione che andremo a vedere si potrebbe passare a quattro dietro, come accaduto ad esempio in corsa a Verona. Tuttavia le fondamenta di questa Roma sappiamo benissimo quali sono. Lukaku-Dybala è la coppia d’attacco perfetta, quella che lo scorso anno qualcuno vedeva all’Inter, con annessi sondaggi social, chiedendo se fosse la più forte della Serie A.
Molti dicevano di sì, perché le caratteristiche della Joya si sposano con quelle di Big Rom: uno tecnico, veloce di pensiero, abile a saltare l’uomo e a servire cioccolatini; l’altro possente, mastodontico, pronto a rompere le porte ma non solo, anche a prendersi le “attenzioni” dei difensori avversari. Lukaku è bravo a far salire la squadra, a venire incontro, a lasciare lo spazio libero dietro per l’inserimento del compagno di reparto ma anche di un centrocampista.
Aspettando di capire quale sarà il reale apporto di Renato Sanches (che nei campetti non è citato ma qualora dovesse trovare un minimo di continuità a livello fisico potrebbe trovare tranquillamente posto a discapito di uno tra Pellegrini e Aouar), immaginate anche di vedere Big Rom con due uomini a supporto, in un ipotetico 3-4-2-1 già adottato da Mourinho. In questo caso i due possono essere Aouar (o Pellegrini) e il solito argentino: uno lo trova in appoggio, l’altro attacca lo spazio per una giocata sulla carta semplice che però di solite le difese avversarie non capiscono, e vanno in difficoltà, se fatta con i tempi giusti. E siccome tutti adesso il pallone lo sanno coccolare, la Roma questa giocata la potrebbe trovare spesso.
C’è poi la Roma d’assalto, quella che potrebbe vedersi in caso di necessità. Una Roma a quattro dietro con un tridente formato da El Shaarawy a sinistra, Lukaku in mezzo, e Dybala a destra. A piedi invertiti, così da poter avere la possibilità di appoggiarsi al belga e magari prendersi l’appoggio per la conclusione immediata in porta. O magari per il taglio dell’altro attaccante in una soluzione di zemaniana memoria.
I tempi sono cambiati, è vero, ma la semplicità in alcuni casi rimane l’arma migliore, anche se le variabili sono tante e non possono essere di certo calcolate. In questo modo, però, con gli esterni che si prendono il campo in mezzo, lo spazio si apre anche per arrivare sul fondo e crossare: e Lukaku l’area di rigore la sa riempire. L’ultima idea potrebbe essere quella di un romantico ritorno all’antica per Mourinho: un 4-2-3-1 con Dybala-Aouar-El Shaarawy (o magari Azmoun, che potrebbe anche essere preso in considerazione per quella zolla) alle spalle di Big Rom. All’assalto.