Nel giorno, nei giorni, in cui tutto e tutti sono in discussione, in un’Italia senza posto fisso, con troppe false dimore e dove magari il futuro fosse un’ipotesi, Totti e De Rossi e Roma-Parma sono un racconto anacronistico. Quindi da fare. Sarà che dove c’era Barilla c’era casa, e quel ragazzino dell’86 era tutti i ragazzini come noi, sarà il ricordo del trasferimento di Ancelotti bambino da Parma a Roma come fosse il primo arrivo per la partenza di quella grande Roma, o semplicemente che è andata così, Roma-Parma ha sempre significato tanto per chi è innamorato della luce arancione di questo parte del mondo. La luce sui tetti di Roma. Che persiste. Ci aiuti il poeta (cit. Sabatini) per introdurre uno dei due protagonisti di questa specie di Parmageddon: Francesco Totti. Perché altrimenti è troppo facile.
Al Parma ha segnato il gol più bello e importante che un ragazzino (sempre quello che sognava tutto appena fuori tutto, cioè la Curva Sud) possa immaginarsi e sognare: sotto la Sud, decisivo per vincere lo Scudetto. 17 giugno 2001: un’abracadabra più che una data. Il più importante non dei 15 fatti al Parma (la squadra alla quale ha segnato di più, lui che ha segnato di più a tutti) ma dei milioni fatti su questa Terra da quando esiste il giuoco del pallone. Il più importante di tanti altri importanti al Parma. Quelli fatti a coppia il 19 dicembre del 2004, un 5-1 come fosse alla Lazio, questione di rispettare la storia per superarla: una doppietta per scavalcare Roberto Pruzzo come bomber di sempre con questa maglia. Basterebbe così. Basti ricordare il pallonetto in corsa, di prima, di sinistro a Buffon e quella partita contro il Parma per superare con questa stessa maglia le 386 in campionato di Giacomino Losi.
Ecco Totti al Parma ha segnato il gol che ha superato Pruzzo, ha giocato la partita che ha superato Losi e ha vinto lo scudetto. Tutto questo ha avuto un inizio: il 30 ottobre 1994 quando per la prima volta nella sua vita Francesco Totti ha indossato la maglia numero 10 della Roma: contro il Parma. L’impressione che possa capitare di tutto, soprattutto oggi che è domenica 19 febbraio. L’ultima volta che successe questa cosa fu una data infame, ma che poi vista da qui ha avuto un valore enorme di bene: l’infortunio di Vanigli che ha costituito la prova più grande di Totti calciatore e di Francesco uomo. Con un risultato: Campione del Mondo.
Tre parole, come Daniele De Rossi. Campione del Mondo pure lui. La sua Parmageddon è stata il 19 ottobre 2003: Roma-Parma 2-0, la partita che lo rivelò al mondo. Forse a oggi la sua partita più importante. 19 ottobre 2003, e sullo 0-0 una rimessa laterale proprio di Totti a De Rossi, come se la passano i ragazzini per acchittarsi i tiri, mezza altezza, il primo tocco ideale di un calcio “alla tedesca“. A quel punto De Rossi comincia a danzare: prende la palla al volo col destro, fa tre tocchi come San Paolo, tre zampilli invisibili, senza far cadere il pallone superando anche un difensore… Un tergicristallo incantato (ma non fa rumore, l’azione è morbida) … e fa segnare Samuel. Un gol a battimuro. E’ il cielo in una danza. Nel secondo tempo invece fa segnare Cassano. Prandelli a fine partita dice: “Quel ragazzino ha fatto vedere a tutti come si gioca a pallone“.
Nasce Daniele De Rossi, il suo vero debutto. Prima di oggi. Che Daniele De Rossi gioca la sua prima partita dopo il rinnovo per sempre. Da una parte una partita come tante (d’altronde che cos’è un Roma-Parma in schedina?) per chi soltanto e sempre ha giocato per la Roma, cioè come l’acqua al mare, ma dall’altra una partita da dedicare a chi lo ha voluto inquinare. A chi gli ha detto dei soldi, delle clausole, dei dubbi, senza sapere e conoscere i codici d’onore, la lealtà feroce, il pudore e la trasparenza di un ragazzo che il mare ce l’ha dentro. Come la Roma. L’hanno calunniato, hanno fatto spiate sbagliate, e lui – che sapeva avrebbe firmato – niente. Con quella consapevolezza e quell’eleganza che hanno soltanto gli uomini che hanno l’amore dentro. Proprio nel giorno, nei giorni in cui tutto passa si capisce che quello rimane.
Il Romanista – Tonino Cagnucci