Il Messaggero – Roma, obbligo di riscatto

Keita Garcia 4

Non avrà il fascino della Champions, ma non è certo tempo di fare troppo gli snob. Perché basta andare a consultare l’albo d’oro delle varie competizioni continentali, per rendersi conto che la Roma al massimo compare come finalista. Nemmeno per il successo nella Coppa delle Fiere, ormai lontanissimo (1961), trofeo che non esiste più e che è stato sostituito dalla Coppa Uefa e a seguire proprio dall’Europa League. In questa competizione i giallorossi non sono mai andati oltre gli ottavi: nel 2006 si arresero al Middlesbrough. Oggi (ore 19) ci riprovano, affrontando nell’euroderby la Fiorentina dell’ex Montella che il 3 febbraio li eliminò, proprio all’Olimpico, dalla Coppa Italia.

VANTAGGIO MINIMO – Giovedì scorso, al Franchi, l’1 a 1 che avvicina la Roma ai quarti di finale, raggiunti l’ultima volta in Champions nel 2008 con Spalletti in panchina (poi fuori contro lo United) e in Coppa Uefa nel 1999 con Zeman allenatore (stop dall’Atletico Madrid). Nella sfida contro la Fiorentina, mai battuta nei tre tentativi del 2015 (in 3 diverse competizioni), basterebbe anche il sedicesimo pareggio stagionale, ma senza subire reti, come però non accade ai giallorossi da 21 partite in Europa. Non è, dunque, il caso di accontentarsi. Potrebbe essere rischioso, anche perché le recenti prestazioni hanno tolto certezze sia al tecnico che ai giocatori. Soprattutto sono svanite all’Olimpico, dove l’unica vittoria, dal 30 novembre, rimane quella sofferta contro l’Empoli negli ottavi di Coppa Italia, con la qualificazione ottenuta solo ai supplementari e su rigore dubbio. Da settembre, nei 4 match delle coppe europee, solo 1 successo, al primo tentativo: 5 a 1 senza storia, con gol e spettacolo, il 17 settembre contro il Cska Mosca. Sono passati sei mesi esatti. Mezz’annata, ma sembra una vita.

OBIETTIVO DICHIARATO – La Roma non si può certo più permettere di snobbare la competizione continentale che garantirebbe, tra l’altro, in caso di vittoria proprio l’accesso diretto alla Champions (che però non deve essere conquistata da club non qualificati alla prossima nei rispettivi tornei): la partecipazione sta a significare prestigio e soprattutto ricchezza (la prima fase dell’edizione in corso ha portato 49,2 milioni di euro nel forziere di Trigoria). Garcia ha sempre detto che la priorità va al secondo posto. Che adesso è in bilico, con la Lazio arrivata a 1 punto, recuperandone 11 in 5 partite. Di conseguenza l’Europa League diventerebbe l’utile via d’uscita in questa stagione che, da tre mesi e mezzo, è diventata deludente e soprattutto complicata. La gente non riconosce più la squadra, per l’involuzione tecnico-tattica e per la fragilità psicologica: la gara da dentro o fuori contro la Fiorentina va sfruttata anche per riconquistare la propria tifoseria che, nonostante il rendimento scadente, ha sempre sostenuto allenatore e calciatori, fischiando solo a partita conclusa.

GRUPPO INQUIETO – L’esame è per tutti, nessuno escluso. Ma non è questo il momento di capire come sarà la Roma che verrà. Nel senso che non è d’attualità il futuro del francese e di gran parte della rosa. Di rivoluzione, se servirà, si parlerà più avanti. E coinvolgerà ogni componente, dirigenziale e tecnica. La partita di Europa League va invece sfruttata per inviare messaggi all’esterno (tifoseria) e all’interno (proprietà). Garcia deve dimostrare di essere ancora il primo riferimento della squadra e i giocatori di seguire come nella passata stagione l’allenatore. Oggi conterà solo la qualificazione, anche perché in una gara non sarà semplice ritrovare il gioco, l’equilibrio tattico, il ritmo, il fiato, la personalità e l’efficacia. E soprattutto il gol. Il miglior realizzatore, nelle nove gare europee, è Gervinho con 5 reti (3 in Champions, 2 in Europa League). Al tempo stesso è pure l’attaccante più discusso. All’andata partì dalla panchina, ma stavolta difficilmente l’allenatore rinuncerà al suo pupillo. Nè la Roma nè la Fiorentina hanno mai avuto la meglio nei 3 euroderby fin qui disputati: entrambe hanno perso la finale di Coppa Uefa, i viola nel 1990 contro la Juve (che l’anno scorso li eliminò negli ottavi) e i giallorossi nel 1991 contro l’Inter. Garcia o Montella: per uno dei due, sarà la prima volta.

Il Messaggero – U.Trani

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