Il Messaggero (A. Angeloni) – Il sole si accende quando Mohamed Salah decide di scrivere sul suo account «Be ready to change your profile picture», accompagnata da due faccine sorridenti.«Pronti a cambiare l’immagine del profilo». L’immagine, la maglia viola che si sfila e magari – questo è quanto si apprende – sta per diventare giallorossa (in realtà ancora non l’ha cambiata, anche se a Firenze non tornerà a giocare e i Della Valle danno l’inevitabile ok per il suo passaggio alla Roma). Stavolta per davvero, non come a gennaio, quando era tutto fatto ma poi, l’addio di Destro ha incastrato il club su Doumbia.
Un centravanti e non più un esterno. I soldi sono più o meno quelli di cui si parlava lo scorso inverno: 20 milioni al riscatto, 3 al prestito. Non è stato facile trovare l’accordo con il Chelsea, più semplice invece quello con Mohamed, 3 milioni a stagione (più gli imperscrutabili bonus). Sabatini tra (tre giorni fa) Londra, (l’altro ieri) Roma e (ieri) Milano è riuscito ad arrivare all’egiziano, trovando l’intesa con tutti, anche con i blues. A questo punto si aspetta l’annuncio (prima verrà ufficializzato il portiere Szczesny) e l’arrivo dell’egiziano nella capitale, magari in concomitanza con quello della squadra, di ritorno da Giacarta.
Il matrimonio, con sei mesi di ritardo, si ripropone. A gennaio Salah era stato vicino a Trigoria, poi è cominciata l’era Doumbia e, nel vedere le prestazioni (specialmente le prime, il suo impatto con la maglia della Viola), è salito qualche rimpianto. Non si poteva giocare senza Salah, ora si può giocare con Salah. A meno che non crolli tutto nelle prossime ore, ma questo a Trigoria non se lo augura nessuno, nemmeno Mohamed stesso, che ha respinto le lusinghe dell’Inter e nelle ultime ore del Napoli.
PERSONAGGIO DISCUSSO Salah, senza nemmeno mettere piede a Roma, aveva fatto già discutere. La sua fede islamica lo ha portato al centro di uno scontro con Israele. Giocava nel Basilea, anno 2013, Salah pensò bene di non stringere la mano ai calciatori del Maccabi Tel Aviv (preliminari di Champions League): nella gara di andata era a cambiarsi gli scarpini e ha evitato il contatto con gli avversari, nel ritorno scelse di sfilare davanti a loro mostrando il pugno. «Spero di vincere questa partita, così impedirò alla bandiera sionista di sventolare in Champions League», le sua parole alla vigilia della partita. Tutto questo aveva indispettito abbastanza le varie comunità ebraica e soprattutto, a gennaio, quella di Roma che, prima con un tweet di Vittorio Pavoncello (presidente Maccabi Italia) aveva lanciato l’allarme, poi il portavoce della comunità ebraica stessa aveva precisato che non c’era nessuna intenzione di intralciare le operazioni di mercato della Roma. Un mese dopo, Salah, durante Roma Fiorentina di Europa League è entrato in campo all’Olimpico prendendo per mano un bambino ebreo. Polemica chiusa e comunque Mohamed era ormai un “problema” lontano 250 chilometri.
LA COMMEMORAZIONE Salah a Firenze aveva scelto di giocare con la maglia numero 74, nessuno gli impedirà di scegliere lo stesso numero anche a Roma. La scelta è pesante. Quel numero rappresenta i morti degli scontri di Port Said, avvenuti nel febbraio 2012, quando lui era ancora in Egitto e vestiva la casacca del Al-Mokawloon, ma viveva da vicino la destituzione di Mubarak: i tifosi dell’Al-Masry attaccarono quelli dell’Al-Ahly e fu un massacro, il più grande nella storia del calcio egiziano. Con quel numero vuole solo rappresentare l’attaccamento e il rispetto per il suo paese, dove viene considerato una specie di Messi. Anche se forse Mohamed è più profeta inpatria rispetto a Leo.
IL BLUES NON VA Soltanto al Chelsea, l’ala d’Egitto, non è riuscito a sfondare. Mourinho non ha mai creduto in lui, lasciandoloandaresia loscorso anno sia in questo. Per il resto della sua carriera (breve, è un ’92), ovunque ha trovato consensi, fin quando vestiva la maglia under 20 della sua Nazionale (ottima l’Olimpiade disputata a Londra, per non parlare del Mondiale di categoria) per poi mantenere il suo livello sia nel Basilea sia nella Fiorentina. Il cerchio si chiude qui, la patria dell’ironia e del gioco di parole e lui con quel nome, Salah, si presta, eccome.