Corriere dello Sport (R. Maida) – La morale è che non può fare sempre tutto Lukaku. Un punto in casa del Torino ci può stare, chiaro. Ma la Roma stavolta ha buttato via una vittoria che aveva già pregustato. E lo ha fatto per i soliti peccati di superficialità che la stanno allontanando (sempre più) dal vertice della classifica.
Un calcio piazzato dalla trequarti, nato da un pallone sciocco perso da Paredes sul limite dell’area avversaria, è stato gestito malissimo dalla difesa, con Llorente che è andato addosso a Mancini e NDicka che non ha saputo chiudere su Zapata, al primo gol con la sua nuova squadra.
Ad agosto Duvan era stato romanista per qualche ora e in questa domenica ha confermato di essere un ottimo centravanti. Ma Mourinho certo non rimpiange di aver rinunciato a lui per agganciare Lukaku, che alla centesima presenza in A ha segnato il gol dell’illusione con una girata potente e precisa. Il problema è l’attenzione generale ai dettagli, che nelle partite tirate possono marcare la differenza tra il bene e il male. Dopo 5 partite di campionato la Roma ha solo 5 punti: il bilancio sin qui è gravemente deficitario.
Proprio per ritrovare l’antico ardore, e magari anche automatismi che a loro modo rendevano, Mourinho aveva modificato la squadra di partenza riproponendo il 3-4-2-1, con El Shaarawy e Dybala dietro a Lukaku. Cinque i cambi rispetto all’Europa League, mezza formazione, con il duplice obiettivo di assistere meglio il centravanti e di contenere i corpo a corpo a tutto campo del Torino. Solo che Juric, avendo studiato con cura l’avversario, ha deciso di lasciare il palleggio alla Roma per evitare di concederle metri fatali in profondità.
E una volta ribaltato il fronte, ha tentato di allargare la difesa di Mou con le coppie laterali: Seck e Bellanova da una parte, Radonijc e Lazaro dall’altra. Ne è uscito un primo tempo vigoroso quanto imperfetto, nel quale il quasi romanista Zapata ha avuto due occasioni di testa – sulla prima bravo Rui Patricio – mentre Lukaku, innescato solo una volta da Dybala con lo sguardo rivolto verso la porta, ha cercato di sorprendere Milinkovic da lontano prima di essere soffocato dalla marcatura di Buongiorno, idolo incontrastato della curva Maratona dopo il no estivo all’Atalanta.
Non bastava questa Roma per vincere la partita. Servivano più ritmo nel giro palla, più movimento degli attaccanti, più supporto degli esterni. Mourinho ha avuto un po’ di tutto dopo l’intervallo, accettando il rischio di concedere più spazio alle ripartenze del Toro. Le avvisaglie del cambiamento si sono viste nell’azione del palo di Cristante, liberato da Spinazzola (sesto legno in cinque giornate: anche la sfortuna è un ostacolo).
E poco dopo Lukaku, finalmente coinvolto nella manovra da passaggi accettabili, ha scaricato in rete il terzo gol consecutivo: ingenuo nella circostanza Buongiorno, che gli ha offerto il corpo come comodo appoggio sul passaggio di Kristensen sporcato da Tameze. All’accelerazione decisiva ha contribuito anche Dybala, reso peraltro quasi innocuo dalle premure di Rodriguez.
In altri tempi la solidità della difesa avrebbe lasciato dormire sonni tranquilli a Mourinho: 1-0 e tutti a casa. Invece la Roma, convinta di essere ormai padrona della scena, ha dissipato il tesoro con una serie di sciocchezze. Per la gioia di Juric, che ha chiuso con tre centravanti in campo aggiungendo Sanabria e Pellegri e ha arraffato il pareggio. Il cronometro diceva 85 minuti. Con sole due sostituzioni – sull’1-1 è entrato l’ex Belotti, fischiatissimo – la squadra non aveva più energie per sovvertire il copione dopo lo sforzo europeo. È finita con i giocatori sconsolati, Lukaku in testa: la sensazione di un’occasione persa è difficile da cancellare.