Corriere della Sera (L.Valdiserri) – Per la prima volta, con la vittoria di sabato a Udine, la Roma ha raggiunto il terzo posto. In linea teorica, aggiungendo il punto del recupero della terza giornata (Samp-Roma non disputata per il maltempo), i giallorossi erano stati terzi anche alla tredicesima giornata, ma a pari punti con Juve e Lazio. La Juve aveva una miglior differenza reti ma era dietro in un’ipotetica classifica avulsa, non avendo ancora affrontato la Roma in campionato. Discorsi complicati, mentre adesso la graduatoria è semplice: Roma terza senza se e senza ma. «È stata la prestazione più convincente tra le ultime partite, merito dell’atteggiamento di squadra. Abbiamo concesso poco, stando costantemente nella metà campo avversaria e mettendo sempre l’Udinese sotto pressione. I due gol sono arrivati da palle riconquistate nella metà campo avversaria. Questo deve essere il nostro marchio di fabbrica». Le parole di Eusebio Di Francesco, alla fine della partita, sono il corollario di quello che aveva detto alla vigilia: «Ci sarà qualche rotazione in più, come ho fatto in passato quando la squadra spingeva e raggiungeva risultati importanti. L’idea è questa: torniamo a essere quelli di prima».
Il passaggio dal 4-3-3 al 4- 2-3-1 è stato importante a livello psicologico. L’allenatore ha dato alla squadra la dimostrazione di saper ascoltare e di mettere il bene comune al di sopra di qualsiasi cosa. Anche di convinzioni costruite con anni e anni di lavoro. Il 4- 2-3-1 ha portato a tre vittorie su tre partite – Hellas Verona, Benevento e Udinese – ma nemmeno questa deve diventare una dittatura. È semplicemente un’arma in più. Quello che fa davvero la differenza è invece la possibilità di attingere a piene mani nel turnover. Nel periodo migliore vigeva la «regola del cinque». Cinque erano infatti i cambi nella formazione iniziale di ogni partita. La squadra, in estate, era stata costruita in quell’ottica: avere 20 giocatori da poter ruotare per tenere sempre alto il ritmo di gioco. Si era accettato di sacrificare qualità – ceduti Salah, Ruediger, Paredes – per mettere a posto il bilancio e poter fare mercato. Meglio tanti giocatori intercambiabili che 15 titolarissimi di grande qualità che correvano il rischio di scoppiare in primavera come era successo con Spalletti. Tutto ha funzionato fino a quando infortuni e flop di mercato non hanno accorciato la coperta. La Roma non ha mai usato Karsdorp, Moreno, Schick e Castan, ha avuto pochissimo da Defrel e Gonalons, ha visto accorciarsi le rotazioni quando Bruno Peres si è fatto fuori da solo con i suoi comportamenti. Dal 20 dicembre al 28 gennaio la Roma ha perso 4 partite, ne ha pareggiate 3 e non ne ha vinta nessuna tra campionato e Coppa Italia.
A Udine ha giocato un centrocampo fresco-De Rossi, Pellegrini e Nainggolan erano squalificati contro il Benevento -, la Roma ha pressato alto e ha strappato i palloni dei due gol vicino alla porta avversaria. De Rossi è stato in campo in 10 delle 14 partite chiuse senza subire un gol: un recupero importante quanto l’esplosione di Cengiz Under. E contro lo Shakhtar? Dentro Strootman, Kolarov e Perotti riposati. È il turnover lo schema vincente.