Corriere dello Sport (P.Valenti) – Roma capitale: assunto indiscutibile in politica e in geografia. Nonostante le l’unità d’italia sia stata frutto delle idee e delle azioni della monarchia sabauda e di Camillo Benso conte di Cavour. Ma quando si parla di calcio, la squadra con più seguito della città non ha potuto vantare il ruolo che istituzionalmente le competerebbe per via della feroce competizione che le più organizzate, e meglio finanziate, rivali del Nord hanno messo in campo dal 1929, anno di svolgimento del primo campionato di Serie A, ad oggi.

Juventus, Inter e Milan, intervallate nel loro dominio alternato dai grandi momenti storici di Bologna e Torino e da qualche ulteriore exploit più o meno estemporaneo, si sono spartite gli scudetti con voracità. Alla Roma, a parte la parentesi del primo scudetto datato 1942, fino agli anni settanta è toccato fare da spettatrice a lotte per il titolo che potevano ambire a entrare solo  nei sogni più azzardati dei tifosi.

Fino a quando, al termine della stagione 1978-79, l’ingegner Dino Viola divenne presidente del club giallorosso. Uomo determinato, ricco di idee e ambizione, seppe elevare la Roma al livello delle big del calcio italiano, andando immediatamente a scontrarsi con quella che, più delle altre, abbinava le sue divise al tricolore.

I primi anni della sua presidenza si caratterizzarono per le acerrime contese con la Juventus: il gol annullato a Turone nel big match che decideva lo scudetto del 1981, le sfide in campo tra Platini e Falcão, i duelli dialettici con Boniperti segnarono indelebilmente la prima metà degli anni Ottanta e posero le basi di una contesa aspra che, anche nelle successive stagioni nelle quali la Roma non è riuscita a inserirsi nella lotta per il vertice, ha reso le partite tra i giallorossi e la Juventus sentite quanto e più di un derby, dando inizio a una rivalità diventata un classico del campionato italiano.