La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – Avviso ai naviganti dell’oceano di rullanti e chitarre distorte: i Queen hanno fatto irruzione a Trigoria al ritmo della trascinante «We will rock you». Be’, non aspettatevi che canti Freddy Mercury, ma il video ormai virale che vede Spalletti prendere a testate il tavolo della conferenza al ritmo della batteria di Roger Taylor è diventato una scena cult, anche se poi le accuse a un giornalista gli sono valse una censura dell’Ordine. Ma, sia pure per vie assai singolari, il rock deve essere entrato nel sangue della Roma, visto che il poker rifilato al Palermo ha consolidato ancor più il primato offensivo dei giallorossi, grazie a 23 reti segnati in 9 giornate di campionato. Un dato eccezionale, visto che eguaglia la Roma di Garcia del 2013-14 ed è battuta solo dal gruppo giallorossi di Alfredo Foni del 1960-61, che ne realizzò 25.
DZEKO SUPERSTAR – Tutto ciò grazie anche alle prestazioni del capocannoniere Edin Dzeko, su cui aleggia un dato a dir poco beneagurante: nella stagione del City in cui, come nell’attuale, ha segnato 8 reti in 9 match, è arrivato il titolo. «Questo è il vero Dzeko – dice a Roma Radio –. È incredibile che lo scorso anno ho fatto 8 gol in 31 partite e ora 8 dopo solo 9, ma voglio continuare così, perché mi sento bene. Spalletti vuole sempre di più, desidera sempre che io vada dietro la linea dei difensori. Devo fare così. Il primo anno non l’ho fatto bene e anche per questo ho segnato pochi gol. Giocare in Serie A, poi, è più difficile che in Germania o Inghilterra, qui menano di più. La gente? adesso va bene, ma vediamo che succede se non segno per due partite… Comunque per me il gol è tutto. Quando segno c’è un feeling incredibile. Questa è la mia vita».
DESTRO & CO – Tutto diverso da ciò che accadeva nel 2013-14, quando in campionato i gol erano più frammentati. Al 9° turno, infatti, il cannoniere giallorosso era Florenzi con 4, mentre a fine stagione sarebbe stato Destro – tornato da un infortunio solo a stagione in corso – con 13, utilissimi ovviamente a centrare il secondo posto conclusivo alle spalle della Juve.
MANFREDINI E LA COPPA – Sempre i bianconeri, tra l’altro, vinsero l’annata 1960-61, nonostante la vena di Pedro «Piedone» Manfredini, che nelle prime 9 giornate aveva segnato ben 15 reti, con 4 triplette. «Altri tempi – racconta Manfredini –. Sono contento che la Juve abbia perso, così i giallorossi si sono riavvicinati al vertice. Dzeko? Mi sembra un buon giocatore, ma Batistuta era di un’altra categoria». Il suo non è un giudizio da figlio d’Argentina dove è nato 81 anni fa. «Macché, io ormai ho due patrie e la Roma nel cuore. In quella stagione segnai tanto (20 gol a fine torneo) e con Lojacono mi trovavo molto bene. In campionato poi noi arrivammo quinti, ma vincemmo la Coppa delle Fiere, ed è un ricordo bellissimo». Il calcio però gli ha lasciato un altro paio di eredità: «Un infortunio al ginocchio sinistro che mi è costato 9 operazioni e ora la difficoltà nel camminare bene; e poi il soprannome. Tutta colpa di una foto che mi scattarono dal basso, a Fiumicino, appena arrivato dall’Argentina. Sembrava che avessi un piedone enorme. Io invece porto solo un 42». Abbastanza per regalare sogni. Dzeko prenda nota.