La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini – M.Cecchini) – Neppure lo straccio di un alibi: al 5° posto siete finiti, dal 5° dovete risalire. E non valga la scusa della gambe che non girano, della preparazione estiva che ha portato i frutti sperati, dello scarso feeling con il tecnico. Non conta niente. Anzi sì, una cosa conta: la testa. È tutto lì, è il comando che blocca il motore della Roma il problema. Il messaggio che arriva da Trigoria, anche alla luce del meeting tra i quadri dirigenziali del club e la stampa, è chiaro. E a certificarlo sono anche i recentissimi dati fisici, che hanno messo in mostra una squadra con numeri in evidente crescita dal punto di vista atletico. Primo step a inizio stagione, il secondo a dicembre. E poi i dati delle ultime partite, quelli dopo la vacanze tirate in ballo dall’allenatore, il cui riferimento era evidentemente voluto riguardo agli infortuni muscolari accusati da più di un calciatore al rientro dal periodo di stop.
NO ALIBI – Le gambe girano, altrimenti la Roma non avrebbe chiuso in crescendo la partita di Genova e giocato decisamente meglio all’Olimpico la seconda parte del match con la Samp, piuttosto che la prima. Dice Monchi che, più che i problemi, sono importanti le soluzioni. Ecco, a Trigoria sono convinti che il guaio del momento attuale della squadra sia soprattutto mentale. Sia, in definitiva, un gruppo di giocatori entrato in un tunnel alle prime grandi difficoltà, nonostante un curriculum che racconta di presenze europee e nelle rispettive nazionali. Nessun alibi, dunque. Neppure quello legato al mercato: la crisi della Roma è iniziata ben prima delle voci legate alle trattative Nainggolan e Dzeko. O di quelle per Manolas ed El Shaarawy, anche loro oggetto di attenzioni. Zero, alibi ai giocatori. Neppure quello legato alla posizione di Eusebio Di Francesco, a proposito del quale Monchi è stato netto: «Quello dell’allenatore non è un tema». Non si discute neppure.
QUARTO POSTO – Almeno fino a prova contraria, ovviamente. È chiaro che a lunga scadenza una mancata qualificazione in Champions graverebbe anche sulle spalle dell’allenatore. Ma in fondo peserebbe ancor di più su quelle dei giocatori, cioè sul loro futuro. In discussione ci sono potenzialmente tutti, neppure la Roma può sapere oggi quale tipo di calciomercato sarà il prossimo. La conquista o meno del quarto posto inciderebbe di più sul bilancio al 2019 che su quello da chiudere nel giugno prossimo, ma è naturale immaginare che il processo di rinnovamento potrebbe essere anticipato. E la cosa non spaventa più di tanto a Trigoria: il club è abituato a vivere una perenne scommessa con se stessa e con i risultati che la Roma otterrà sul campo. Il messaggio, in fondo, è quello che un giorno l’ex d.s. Walter Sabatini mise tra virgolette: «Non affezionatevi ai calciatori». Poco romantico, è vero. Ma strada obbligata per gli uomini di Pallotta, a meno di non votarsi a una drastica riduzione del monte ingaggi. Ergo: guai a stupirsi di altri movimenti in uscita entro il 30 giugno. Resta solo complicato trovare quel grigio tra l’esaltazione e la depressione. Guai ad esaltare troppo un calciatore, guai a considerarlo un riferimento perché la stagione dopo potrebbe non esserci più. Resterà la Roma, col suo viavai costruito per entrare almeno tra le prime quattro. Le possibilità ci sono tutte, le gambe girano pure. È la connessione (con la testa) che non va il problema.