Il Messaggero – Assedio agli spogliatoi

Stavolta non erano in quindici e nemmeno «veicolati dalla stampa». La contestazione alla Roma – e a Luis Enrique in particolare – inizia allo stadio nel pre-gara con un piccolo prologo andato in scena a Trigoria dove in mattinata era apparso uno striscione che chiedeva «dignità a tecnico, calciatori e società». Squadra e allenatore, giunti all’Olimpico tra l’indifferenza totale, sono fischiati al momento del riscaldamento, dell’annuncio delle formazioni e alla fine della partita. In mezzo qualche coro di scherno – «Un tiro in porta, vogliamo un tiro in porta» – che si accompagna in un’occasione agli olè di frustrazione quando la Roma continua nello stucchevole possesso palla che caratterizza la manovra nel primo tempo.

Da non dimenticare nemmeno il tifo caloroso, quando il gol di Totti cancella di colpo le delusioni dell’ultimo periodo. Il 2-1 di Lazzari nel recupero fa però esplodere la rabbia della curva sud che con un coro molto eloquente invita Luis Enrique a farsi da parte. La contestazione prosegue poi al termine della partita con 200 tifosi ad attendere fuori dallo stadio l’uscita del pullman della squadra. Qualche calciatore lascia l’Olimpico con la propria automobile. C’è chi viene applaudito come Totti e Burdisso (che oggi si recherà ad Arezzo per avere l’ok dal Professor Cerulli per ultimare la fase finale della rieducazione). Lamela, invece, è bersagliato dagli insulti. Situazione che consiglia le forze dell’ordine di far dirigere il pullman per precauzione verso l’uscita opposta, lato curva nord, quando l’assembramento dei sostenitori – che ha avuto anche un colloquio serrato con i dirigenti Baldini e Sabatini (pronto a rassicurare che «in estate si farà mercato») – si era già dissolto. Sembra finita. Scortata dalla polizia, la Roma si dirige verso Trigoria. Qui la sorpresa: ad attendere la squadra c’è un gruppo di una trentina di persone. Va in scena una nuova protesta che per fortuna non trascende.
Un clima che ha suggerito al dg Baldini di presentarsi ancora una volta davanti alle telecamere: «Contestare è assolutamente legittimo. La tifoseria ci ha dato ampio appoggio. E’ normale che ora possano dimostrare il loro disappunto». Una sconfitta che non scalfisce l’idea del dirigente riguardo a Luis Enrique: «Da parte mia non c’è alcun dubbio, ne ho di più sul mio operato. Se c’è un responsabile di questa situazione sono io che ho scelto tutte le persone che compongono la dirigenza e la parte tecnica della Roma. Se la proprietà americana mi autorizzerà a prendere ancora decisioni, Luis Enrique sarà l’allenatore della Roma anche il prossimo anno».

Nel momento più difficile della stagione prova a vedere qualcosa di positivo: «Assisto agli allenamenti ogni giorno e vedo l’abnegazione e la disponibilità dei giocatori nei confronti del tecnico. Ad un certo punto del campionato sembrava che quest’identità fosse ben concreta. Credo che questo valga molto rispetto al sentirsi improvvisamente non ancora adeguati a fronteggiare un campionato, dove ci si è presentato addirittura la possibilità di poter competere per il terzo posto. La cosa sembra aver minato alcune certezze ma non la bontà del lavoro dell’allenatore». Poi, però, ai microfoni di Mediaset, è costretto ad ammettere: «Se oggi è finito qualcosa? La percezione è questa ma è solo una percezione».

Il Messaggero – Stefano Carina

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti