Il Messaggero (S. Carina) – Da un lato il malumore di José. Dall’altro le condizioni della spina dorsale di qualità e esperienza della squadra (Smalling–Wijnaldum–Dybala) che per motivi diversi non è in condizione. Come se non bastasse, in mezzo una partita, quella di sabato a Firenze, che a Trigoria si sarebbero volentieri risparmiati. Senza contare poi le voci e le indiscrezioni riguardanti il futuro dello sciamano portoghese che s’intrecciano con chi per natura ama guardare sempre al bicchiere mezzo vuoto (campionato fuori dalla Champions) anziché pieno (due finali europee in 2 anni quando nei 94 precedenti erano state tre).
Farlo con l’asse Smalling-Wijnaldum-Dybala in campo, regalerebbe altre certezze. Non perché la Roma non abbia già dimostrato di trovare nuova linfa nelle difficoltà e nelle assenze ma poi si arriva ad un certo punto dove devi giocarti le tue chance con le carte migliori. E ad oggi, questo non è possibile. Smalling è rientrato nell’ultimo quarto d’ora contro il Leverkusen e con la Salernitana ha dimostrato sui due gol subiti che inevitabilmente il mese di stop va smaltito.
Quello che sta vivendo sulla sua pelle Wijnaldum. L’olandese ha anticipato il rientro rispetto al difensore al match d’andata contro i tedeschi. Quindici minuti all’Olimpico, titolare per 53 minuti a Bologna, un tempo in Germania e altri 66 minuti contro la Salernitana. Un totale di 179 minuti nei quali non si è vista nemmeno l’immagine sbiadita del centrocampista che contro la Sampdoria e nella trasferta a Torino aveva dato incoraggianti segnali di ripresa.
E poi c’è Paulo, che merita un capitolo a parte: perché il tira e molla tra chi dispensa certezze sull’impiego alla Puskas Arena e José in versione pessimista rischia di creare un cortocircuito. Calendario alla mano, c’è il forte rischio che l’argentino (ieri a Trigoria per terapie e sedute ad personam) arrivi al 31 maggio con appena 35 minuti disputati nelle ultime 8 partite. Sì, perché anche a Firenze, l’orientamento è di non rischiarlo.