La Stampa (F.Capurso – I.Lombardo) – Paolo Berdini è fuori. Anzi no, resta. Va via dopo o forse subito. Quasi quasi, meglio un «gruppo di affiancamento», è l’ultima trovata del Campidoglio. Nella girandola di soluzioni, dalle più originali a quelle addirittura inedite, come la «riserva», ancora da sciogliere, sulle dimissioni di Berdini dall’assessorato all’Urbanistica, si consuma il tentativo di prendere più tempo possibile. Il desiderio di vendetta è un sentimento che può essere infiocchettato con mille logiche spiegazioni e altrettanti validi motivi. Eppure, caduti gli orpelli, quel che resta è sempre una cruda vendetta. La sindaca di Roma Virginia Raggi, nei confronti di Berdini, che le ha riservato frasi poco lusinghiere, avrebbe tutte le ragioni per nutrire un rancore risolutivo. E invece, qualcosa sta prolungando un addio che pare inevitabile. Nella serata in cui esplode il caso c’è stato un momento in cui l’addio all’assessore è stato ad un passo dall’essere sancito con un comunicato che, intorno alla mezzanotte, stavano concordando con Beppe Grillo. Poi, all’improvviso, tutto si ferma. Viene deciso di prendere ancora del tempo; forse, per non lasciarsi trasportare dagli eventi, per poter ragionare a mente fredda. La notte porta consiglio. Il mattino seguente in Campidoglio viene suggerito a Raggi di mantenere quella «riserva» sulle dimissioni presentate da Berdini.
Grillo, e da dietro le quinte anche Davide Casaleggio, che però nelle ultime ore si è defilato dalla questione, vorrebbero che prima di far cadere l’assessore ci fosse già sul piatto il nome del sostituto, anche perché Raggi si sarebbe opposta all’ipotesi di farsi carico delle deleghe di Berdini ed è stata persuasa a trasformare la sua cacciata in una decisione collegiale. Anche per questo, vengono coinvolti gli assessori e i consiglieri capitolini, questi ultimi convocati per una riunione notturna. Sul banco degli imputati c’è naturalmente Berdini, ma non tutti i consiglieri grillini sono convinti che lasciarlo andare sia la giusta soluzione: «La preparazione e le sue battaglie contro le speculazioni edilizie non sono in discussione», è il pensiero di più di uno di loro. Ma sono le accuse di non essere in linea con alcune pratiche di condivisione delle scelte, così come certi atteggiamenti considerati troppo anarchici rispetto alla linea del M5S, a pesare in modo significativo sul piatto della bilancia. Tanto da far arrivare un «pool di esperti», a quanto si apprende dal Campidoglio, per verificare possibili negligenze nel lavoro portato avanti fino ad oggi da Berdini alla guida del suo assessorato. Si cerca una scusa per scaricarlo meglio, mentre si vagliano i primi nomi di chi dovrà sostituirlo. I rumors che circolano sin dal mattino fanno rimbombare il nome di Emanuele Montini, già in forza all’amministrazione comunale. L’impressione, però, è che sia una carta che copre un altro nome. Troppo avverso, Montini, alla costruzione dello stadio della Roma, uno che ha paragonato il presidente della Roma, James Pallotta, a «Totò mentre cerca di vendere la Fontana di Trevi».
Insomma uno che piacerebbe ai costruttori meno di Berdini, quando invece la giunta Raggi appare più propensa a un compromesso politico per la realizzazione del progetto. Dietro il nome di Montini, inviso anche ai parlamentari M5S che lo ricordano per i «modi troppo severi» all’ufficio legislativo della Camera, invece, sembrerebbero due i nomi più forti. Quello di Carlo Cellammare, ingegnere e docente di urbanistica all’università La Sapienza di Roma e quello di una donna, Paola Cannavò, docente di ingegneria dell’ambiente, sulla quale cadrebbero le predilezioni della Raggi e che era già entrata in una lista del Campidoglio per andare alla guida del nuovo assessorato ai Lavori pubblici, che sarebbe nato da quello spacchettamento del dipartimento di Berdini che è prossimo a essere realizzato ma che in realtà era già in programma da più di un mese.