«Una partita non salva una stagione, è il risultato finale a determinare il valore di un’annata». Vero, anche se a Roma la filosofia è diversa e Gabriel Heinze (che di derby «pesanti» ne ha già vissuti molti a Madrid e Manchester) avrà modo di capirlo proprio in questi giorni. Almeno per ora, con la Roma lontano da tutti i suoi obiettivi («Stiamo lentamente scivolando nella mediocrità», copyright di Walter Sabatini) e con il derby di domenica che può essere davvero l’ultima ancora di salvataggio. Per la Champions? Forse, anche se la spia dell’Europa che conta sembra lontana anni luce, soprattutto dopo la brutta parentesi di Bergamo.
Confronto Ieri la Roma è tornata a lavorare, primo passo dopo le tante polemiche successive al k.o. con l’Atalanta. Chi si attendeva un confronto tra la squadra e Luis Enrique, però, è rimasto deluso. Il tecnico spagnolo, infatti, ha condotto l’allenamento come se fosse tutto normale, senza particolari «sbalzi di umore». C’era da aspettarselo, del resto, visto che ieri a Trigoria mancavano ben otto giocatori (sparsi in giro con le varie nazionali). Compreso De Rossi, chiaramente, che a Coverciano ha ritrovato il sorriso in parte perso sulle tribune bergamasche. «A che ora c’è la riunione tecnica, che stavolta non voglio perdermela», ha detto (scherzandoci su) Daniele a Prandelli. Contemporaneamente Franco Baldini, dogliandosi con la stampa, chiariva invece così la vicenda Luis Enrique-De Rossi: «Abbiamo scelto la strada della trasparenza, ma raccontare le cose preclude evidentemente la possibilità di poter ricamare con dei retroscena o con delle ricostruzioni fantasiose». Episodio su cui è tornato anche Simon Kjaer, direttamente dal ritiro della nazionale danese: «Non ho litigato con nessuno, la mia esclusione è stata una scelta tecnica. Mi dispiace non aver potuto aiutare la squadra. Con l’Atalanta sarebbe stato importante vincere per la classifica».
Rincorsa Già, anche perché con quei tre punti la Roma avrebbe ancora un osservatorio parziale sulla Champions, a -7 sembra francamente dura (considerando anche il calendario, con marzo che offre le trasferte in casa di Palermo e Milan e la sfida casalinga con il Genoa). Il derby di domenica (vincendo a Bergamo) sarebbe stata infatti l’occasione giusta per aggredire il terzo posto di Lazio e Udinese, ora diventa solo un «palliativo» alle tante ferite stagionali. Ma, soprattutto, è l’ultima occasione per non perdere il feeling con la tifoseria giallorossa, finora indulgente in tutto, ma pronta a restituire molta della pazienza concessa in caso di ulteriore sconfitta. Il derby va vinto e basta, insomma, è il concetto che gira in città, soprattutto dopo il k.o. dell’andata e gli schiaffi raccolti recentemente fuori casa (Cagliari, Siena e Bergamo, appunto). Altrimenti le crepe di questi ultimi giorni diventerebbero squarci e l’«indice Mibtel» di dirigenza, allenatore e giocatori crollerebbe di colpo.
Multe e ricorsi A chi aggrapparsi dunque? Prima di tutti a Totti, ovviamente, che giocherà il suo trentesimo derby (bilancio in perfetta parità, dieci vittorie, 9 pari e dieci k.o.) e che quando segna alla Lazio, di solito vince. E poi proprio a Daniele De Rossi, fondamentale per gli equilibri difensivi della Roma, l’unico uomo capace nel gioco di Luis Enrique di offrire le necessarie coperture difensive. Daniele, tra l’altro, non dovrebbe essere multato per quanto successo a Bergamo, al contrario invece dei due espulsi, Cassetti e Osvaldo. Per loro, poi, probabilmente la Roma non presenterà neanche ricorso. La società ci ha pensato su, chiedendo informazioni ai suoi legali, soprattutto pensando all’idea di recuperare prima Osvaldo. Ma il ricorso andrebbe in controtendenza con la linea etica lanciata dal club. Meglio pensare alla Lazio, allora, l’ultima «partita vera» di questa Roma, almeno per i tifosi. A Luis Enrique il compito di smentirli.
Gazzetta dello Sport – Andrea Pugliese