La Gazzetta dello Sport (G. Dotto) – È l’arte dell’attesa. A Roma ci sanno fare. Non dico a livello di maestri zen, ma quasi. In quanto a sentimentalità non si batte il tifoso giallorosso, il più estremo del pianeta e il più vicino all’amore stilnovista. I salvatori arrivano quasi sempre dal cielo. Ieri era José Mourinho, oggi è Paulo Dybala. Atteso a braccia aperte. Tutti alla Roma che aspettano qualcosa.
I Friedkin e i tifosi aspettano di sapere cosa frulla nella testa dell’amletico Mourinho di questi giorni, Mourinho aspetta di sapere cosa frulla in quella dei Friedkin, Mourinho e i tifosi aspettano Dybala. L’unico che non aspetta nulla perché ha avuto tutto è proprio lui, Paulo. Dybala è l’ultimo, grandioso sintomo della Roma giallorossa e bipolare. La sua ultima malattia d’amore. Si chiama “dybalite”.
Paulo è il tuo super potere, ma anche la tua vulnerabilità. Il romanista dybalizzato è travolto dalle sue emozioni. Il ragazzo è la soluzione di tutti i problemi o lo specchio del grande problema? Di una Roma che ancora non ce la fa ad essere squadra.
L’asso nella manica di Mourinho o l’indizio del suo declino? Se Mourinho è lì che prega perché il suo Dybala torni il prima possibile, perché si conservi integro, confessando così il suo debito e la sua dipendenza, questa forse non è una buona notizia per la Roma. Il nuovo divino Paulo, ragazzo intelligente, ha capito in fretta che vincere a Roma, con la Roma, non è la stessa cosa in nessun’altra parte del mondo. Ora sta tutto nella sua testa. Ora che ha scoperto cosa vuol dir essere amati.