La Gazzetta dello Sport (A.Frosio) – Il modo migliore per gestire la pressione è sfogarla subito. La Roma affronta l’impegno del tardo pomeriggio con la necessità di rispondere: al fischio d’inizio è a meno dieci dalla Juventus, sorpassata dal Napoli, con l’Atalanta e l’Inter sempre più vicine. Un carico del genere avrebbe potuto innervosire la truppa di Spalletti e invece serve a tenere alta la concentrazione dopo il successo sul Villarreal in EuroLeague, impedendo le distrazioni che a volte hanno minato il cammino giallorosso (come a Genova con la Sampdoria, per esempio). La Roma riesce a ignorare la corsa delle altre affidandosi alla propria consapevolezza, alla solidità costruita sulle fondamenta della difesa a tre e alla clamorosa affidabilità di Edin Dzeko. Il bosniaco sblocca con il gol numero 19 in campionato pareggiando il conto con il capocannoniere Higuain, inaugurando il terzo poker nelle ultime quattro partite giallorosse. Così all’ora di cena la Roma ha ristabilito lo status quo, ma la partita di fatto è finita molto prima. Due gol e un palo e dopo nemmeno venti minuti bastano per affondare un Torino troppo molle, singolarmente e di squadra.
TEAM BUILDING – Il Toro assomiglia molto poco al suo allenatore e al suo numero 9, il generoso e poco servito Andrea Belotti, e troppo a uno come Ljajic. Poca grinta e troppi fronzoli, come quelli dell’altro ex di giornata, Iago Falque. Giocatori che in questa Roma non potrebbero mai trovare spazio. Perché la squadra di Spalletti oggi è un blocco granitico. Il concetto di team building così celebrato dai manager di tutto il mondo è perfettamente dimostrato dalla visita pre-partita ad Alessandro Florenzi — omaggiato anche con un «patch» con il numero 24 applicato sulle maniche della divisa da gara — e poi in campo dai raddoppi, dai rientri di Nainggolan che strappa un pallone a Iturbe in area giallorossa o di Dzeko che dà sempre una mano — anzi, una testa — sui piazzati. In più la Roma applica una geometria elementare: il modo più rapido per andare da un punto all’altro è una linea retta. Si spiegano così i primi minuti che di fatto decidono la partita. Il Torino amministra il possesso palla (quasi al 60 per cento nel primo tempo), la Roma colpisce praticamente alla prima occasione. E poi alla seconda. E quasi alla terza. Sempre con transizioni veloci, con la mortifera voracità di Dzeko — gol da fuori area, quasi inedito — e Salah e con un Hart non impeccabili sulle prime due reti.
FORMA E FIDUCIA – I giallorossi stanno bene, lo dimostrano le scelte di Spalletti che opera solo tre cambi rispetto al match di Vila-Real (dentro Juan Jesus, Paredes e Salah dal 1’) e poi la capacità di spezzare di forza il campo. Strootman e Nainggolan allungano il centrocampo avversario, che affonda, con l’esclusione del giovane Lukic, e non riesce mai ad accorciare sugli inserimenti avversari. Salah frusta i difensori del Toro, Paredes e Nainggolan lo sfruttano per chiudere in porta: l’argentino con un gran controbalzo che probabilmente si deve a qualche ripetizione fornita da Totti a Trigoria, il belga poco prima del fischio finale con un assist proprio del capitano, il cui ingresso come al solito è stato a lungo invocato dallo stadio (e da voci molto giovani…).
E IL TORO DOV’È? – In mezzo al terzo e al quarto gol degli spallettiani, la rete di Maxi Lopez sull’unica vera distrazione romanista, per un Toro che anche in quel momento (tardivo, non c’è dubbio) non crede minimamente a qualsiasi ipotesi di rientrare in partita. Perché semplicemente non c’è mai stato. La squadra di Mihajlovic non riesce mai a uscire dal copione dell’aggiramento, da una parte all’altra del campo, senza mai creare la superiorità o a innescare Belotti: il primo cross per la testa del Gallo arriva al 93’. Il 9 granata è costretto a gravitare lontano dall’area, per avere palloni giocabili. Ma che sia Belotti a dover aiutare la squadra e non la squadra ad aiutare Belotti a segnare è sintomo di un malessere ormai conclamato: per il Toro solo 2 vittorie nelle ultime 11, con 5 sconfitte, e 12 gol subiti nelle ultime 6. La Roma invece infila la 15° vittoria di fila all’Olimpico: il match con l’Inter sarà esaltante, tra due squadre che all’ombra della Juventus hanno trovato un’identità ben definita.