La Gazzetta Dello Sport (M.Cecchini) – Quel 10 aprile ci arrendemmo all’iperbole omerica, al racconto del calcio come momento epico. Tutto questo fu merito di un ragazzo, ovviamente greco, di 26 anni, che di mestiere fa il difensore. In quella notte di primavera del 2018 Manolas scoprì di essere qualcosa di più, il simbolo di una ribellione al potere costituito, alfiere di giustizia. Il Barcellona di Leo Messi al fischio iniziale non meritava di scendere in campo con il grosso vantaggio di 4-1 maturato al Camp Nou e poiché il destino ha il senso dell’umorismo, quella partita è stato il Cavallo di Troia nella psiche della squadra catalana, troppo rilassata. Per scrivere la storia c’è bisogno di qualcuno che si faccia avanti e dica “Sono pronto“, e quello fu Manolas. La presunzione del Barcellona si incrina dopo appena 6 minuti, quando un lancio di De Rossi trova Dzeko in profondità e Ter Stegen in uscita ritardata. Quanto basta per sancire il vantaggio giallorosso e mettere benzina nel motore del sogno. L’1-0 rimase fino al termine del primo tempo, fornendo ancora sicurezza ai catalani, che però a inizio ripresa furono feriti dal raddoppio, arrivato su rigore di De Rossi dopo un fallo di Piqué sullo stesso Dzeko. A quel punto cominciò un’altra partita, la Roma ringhiava e vedeva il traguardo ad un passo. Si compì l’epifania attesa dall’universo giallorosso, Davide sconfiggeva Golia: il calcio d’angolo battuto da Under trova Manolas di testa, che batte Ter Stegen ed entra nella storia. Il greco fu profeta dell’impresa della Roma, l’Achille vincente e sopravvissuto a quella piccola guerra di Troia.