Roma amara, difesa e attacco spariti per 90′

Corriere dello Sport (R.Maida) – E’ così che funziona? Felipe Anderson lancia se stesso in avanti, Rüdiger non gli sta dietro, palla in mezzo e 1-0 di Milinkovic. Keita scatta in verticale bruciando Manolas, palla dentro e raddoppio di Immobile. Cambi di passo, sprint, istinto contro schema. E’ bastato questo, è bastato poco, a far saltare il dispositivo della Roma di ferro, il terzetto di centrali difensivi che negli ultimi due mesi erano stati addestrati a non concedere nulla, o quasi nulla, agli attacchi avversari. Persino Fazio, il leader del pacchetto, è andato in tilt davanti ai veloci e feroci movimenti dei laziali, che hanno ridimensionato in una notte (e che notte) le aspettative stagionali di Pallotta, Spalletti e tutti gli altri. Stordimento generale.

DELUSIONE – Sfilano a testa bassa i giocatori a fine partita, a fine derby: alla vigilia forse credevano più facile vista la differenza marcata dalla classifica del campionato e dopo un’imbattibilità che durava dal maggio 2013, da quella finale di Coppa Italia. Ma non era serata. Resta naturalmente la semifinale di ritorno per aggiustare la questione ma la situazione si è imprevedibilmente complicata. Da 8 anni, sempre con Spalletti in panchina, la Roma non perdeva un derby con almeno due reti di scarto. E queste pesano come un sasso sulla rivincita che si giocherà tra un mese. In assoluto mai, con la difesa a tre, Spalletti era stato battuto così nettamente: le altre dure sconfitte della stagione, contro Porto (0-3) e Torino (1-3), erano capitate con il vecchio equilibrio.

SECCO – Ma se il cortocircuito ha sgretolato improvvisamente la difesa – o meglio la fase difensiva: anche i centrocampisti sono coinvolti nella fragilità collettiva – in attacco è andata altrettanto male. La squadra che segna di più in Italia, il centravanti più prolifico della stagione, il Nainggolan esplosivo che aveva dominato San Siro, non sono riusciti a resistere ai livelli abituali. Peraltro Edin Dzeko, che aveva una dote storica di 7 reti tra i derby di Manchester e quelli di Roma, si è procurato tre occasioni con i suoi movimenti incessanti ma non è riuscito a inquadrare mai la porta: due volte di testa, una di piede. Globalmente, la squadra ha calciato 22 volte verso Strakosha ma soltanto in 3 circostanze ha preso lo specchio della porta. La palla migliore è venuta nella confusione, con un tiraccio di Emerson deviato casualmente da Dzeko che ha creato qualche brivido alla Lazio. Poco altro, a parte dozzine di cross infruttuosi. Pensate: la Lazio ha segnato con due cross bassi su cinque tentativi totali; la Roma non ha creato pericoli nonostante 21 (!) palloni lanciati in area in ogni modo. Evidentemente la quantità (c’è anche il 56% di possesso palla) non è sinonimo di qualità. Semmai di frenesia: soltanto a Empoli, dove non riuscì a segnare e fu costretta ad accontentarsi dello 0-0, la Roma aveva provato più volte a tirare (23 volte) senza essere sufficientemente produttiva. Anche in quel caso, infatti, restò a digiuno. Ma in un derby, in una semifinale, le conseguenze sono peggiori.

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