Il Messaggero (S. Carina) – Guardando la classifica della Roma, con gli ultimi sorpassi del Cagliari e del Genoa tra venerdì sera e ieri all’ora di pranzo, viene in mente il capolavoro di Steno, Febbre da Cavallo, quando l’immortale Gigi Proietti, alias Mandrake, rivolgendosi a Enrico Montesano nelle vesti del compare “Pomata”, si lascia scappare la frase poi divenuta cult: “A Pomà so’ un tantino preoccupato”.  E in effetti, voltandosi all’indietro c’è poco da scherzare. Qualche tifoso ieri sui social parlava di paura. Proprio quello che la Roma deve scacciare questa sera per non rischiare di “venir mangiata dall’Atalanta” (cit.) e scivolare sempre più giù.  Sì, proprio lo spauracchio di questa sera, una squadra che “segna tre gol a tutti” con Retegui capocannoniere indisturbato, capace in appena tre mesi di far dimenticare il terribile infortunio di Scamacca. A Bergamo e a Coverciano. Quello che ad oggi non è riuscito a DovbykLukaku non avrà lasciato un segno indelebile ma la partenza sprint in giallorosso (7 gol nelle prime 8, secondo miglior avvio in carriera), sommata al primato odierno con il Napoli, lascia quell’amaro in bocca per quello che poteva essere e non è stato.

Roma-Atalanta è sì la sfida senza età tra il 73enne Ranieri e il 66enne Gasperini ma anche il confronto a distanza tra i due centravanti. Che oggi sembra improponibile come lo era in estate ma a parte invertite. Perché alzi la mano chi ad agosto tra Retegui, reduce da una buona stagione con il Genoa dove però aveva segnato appena 7 reti in 29 partite e il capocannoniere della Liga (24 gol in 36 gare) avrebbe optato per il primo.  Lo ha fatto l’Atalanta e ancora una volta ha avuto ragione. Non che la Roma abbia sbagliato con Artem che magari non avrà segnato 12 gol in 13 partite in A che diventano 14 su 19 comprese le coppe (l’ucraino è fermo a quota sei, 4 in campionato) ma ad oggi il confronto è impietoso. Come il divario tra Atalanta Roma. Artem ha pagato inevitabilmente l’inizio terribile dei giallorossi, tre allenatori in 13 giornate, il cambio di torneo e nazione, qualche problema legato al ginocchio (convive da tempo con un’infiammazione), il non riuscire mai a rifiatare (dall’inizio dell’anno è sceso in campo, campionato europeo e un paio di amichevoli comprese, la bellezza di 55 volte) e probabilmente, anche un equivoco di partenza. Sia De Rossi che Juric infatti erano convinti che il centravanti potesse fare tranquillamente il lavoro che svolgeva Lukaku, soprattutto negli ultimi 16 metri (anche se Romelu si abbassava molto di più).

Per essere più chiari: spalle alla porta, far salire la squadra e poi sfruttarlo sotto porta. Artem, però, almeno per quello che sinora ha dimostrato, è un calciatore diverso. Non che quel compito non possa svolgerlo ma non ne esalta le qualità. Che sono altre. Dovbyk è un giocatore che va servito nello spazio o con palla alta, soprattutto con cross sul secondo palo: “Serviamolo così, in carriera ha segnato cento gol in questo modo”, urlava Daniele con esercitazioni specifiche nel ritiro di Burton Upon Trent. L’impressione infatti è che più gli si toglie la pressione dal centro dell’area, meglio è. Il fatto che ultimamente abbia difficoltà a concludere dipende proprio da questo. E non è un caso che Ranieri abbia fatto visionare alla squadra alcuni filmati per capire come servirlo. Dai gol di Dovbyk, dalle giocate di Dybala, dai recuperi di Pellegrini, Paredes e Hummels, passa la rinascita della Roma. Che questa sera è alle prese con l’esame più difficile.

Foto: [Francesco Pecoraro] via [Getty Images]