La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Tre uomini, tre gol, una ventina di minuti di buco, qualche palo in aiuto, una tendenza che fa ben sperare forse pure perché inattesa. La Roma fatica a incassare gol ed è una fatica che si compie volentieri, perché se non fa rima con vittoria poco ci manca. Tre partite su quattro senza subire reti è materia che merita di essere sottolineata con il matitone. E se è vero che i pali di Ilicic e Saul valgono un messaggio di ringraziamento alla buona sorte, non è giusto considerare altrettanto le parate di Alisson, che pur sempre un valore aggiunto della Roma è. E così, pur non potendo dimenticare la seconda metà della ripresa difensivamente disastrosa contro la squadra di Spalletti, Atalanta, Atletico Madrid e Verona valgono un bel like . «Per noi non è cosa di poco conto chiudere le partite con un clean sheet , è il segnale di un lavoro ben fatto», ha spiegato di recente proprio il portiere brasiliano.
INTOCCABILI – Lui, Manolas e Kolarov: il blocco difensivo della Roma poggia su queste tre colonne. Non escono mai (se non a risultato acquisito, come accaduto al greco sabato scorso), pietre su cui Di Francesco ha fondato la sua repubblica difensiva. Un portiere, un centrale con lo scatto automatico e un terzino che quando non sai cosa fare con il pallone, lo dai lui e ti metti comodo ad aspettare che qualche cosa succeda. Succede, per esempio, che Manolas arrivi a rappresentare, pur con caratteristiche diverse, il punto fermo che Di Francesco vedeva in Acerbi nel Sassuolo. Succede pure che, se una pecca c’è nella fase difensiva della Roma, è nella partenza non sempre pulita dell’azione, colpa di difensori centrali che non hanno nell’impostazione il loro punto forte. Ecco, Kolarov (e lo stesso è avvenuto con Florenzi contro il Verona) rappresenta la via d’uscita migliore possibile per una Roma che ha cambiato modo di interpretare la partita, ancor prima degli uomini.
LINEA ALTA – Che Di Francesco chieda un’aggressività maggiore ai propri difensori è un dato di fatto: ricerca costante dell’anticipo e conseguente scelta di mantenere un baricentro di gioco alto. Ergo: la linea difensiva deve per forza di cose ricercare molto di più la tattica del fuorigioco di quanto non facesse con Spalletti. Il confronto in questo senso è clamoroso. Prendendo in considerazione solo le partite di campionato, nelle prime tre giornate dello scorso torneo la Roma mise in fuorigioco gli avversari (Udinese, Cagliari e Sampdoria) complessivamente cinque volte. Quest’anno, tra Atalanta, Inter e Verona, il fuorigioco altrui è stato sbandierato già in 17 occasioni. Più di tre volte tanto: non è un caso, è questione di filosofia. E al netto di tutto, di pali e di portieri, la squadra pare già aver recepito questa richiesta di Di Francesco. Benevento domani vale la prima di una serie di attese conferme.