Il Messaggero (S.Carina) – Una cena per ritrovarsi. Per «fare gruppo» si dice in questi casi. Magari servirà anche questo per uscire dal tunnel nel quale è entrata la Roma. È accaduto tutto in poco meno di due settimane: reduce da un derby vinto e da una sosta trascorsa all’insegna della serenità, in rapida successione – dal pareggio di Bologna alla contestazione di mercoledì, passando per l’umiliazione al Camp Nou e la doccia fredda con l’Atalanta – gli umori sono radicalmente cambiati. Anzi, stravolti. In questi giorni di analisi è stata criticata la società, l’operato di Sabatini, la costruzione della rosa, il lavoro di Garcia ma – contestazione di 60 tifosi a parte – sono stati sempre “salvati” i calciatori. Non che ora debbano finire sul patibolo ma la riscossa (aspettando novità dal mercato di gennaio) deve partire soprattutto da loro.
TUTTI AL RISTORANTE – Chissà se l’idea avuta mercoledì da Florenzi – che ha portato la squadra, raggiunta per un saluto a fine cena da Garcia, al ristorante della mamma e del papà a Vitinia – riesca nell’intento. Perché quello che sembra mancare spesso alla Roma (almeno guardandola dall’esterno) è il senso di appartenenza, al quale normalmente ci si aggrappa nei momenti di difficoltà. Che difficilmente, nonostante la professionalità che ogni calciatore possiede, può avere chi sa che è qui soltanto di passaggio, chi è consapevole che difficilmente verrà riscattato alla fine della stagione o chi ha già le valigie pronte sapendo che saluterà a gennaio o a giugno. Puntare sul gruppo, sull’amicizia tra ragazzi ventenni e trentenni, sulla voglia di riscatto, anche di rivalsa nei confronti della critica e magari del tifo, potrebbe essere la molla tanto attesa. Quella che nel 2007 permise a Totti e compagni di vincere la partita con la Sampdoria – dopo i 120 chili di carote recapitati poche ore prima a Trigoria, “omaggio” per l’1-7 rimediato a Manchester – appena scesi in campo. E anche di prendersi qualche rivincita, mimando ironicamente i conigli ad ogni gol segnato. Se serve trovare un nemico esterno contro il quale compattarsi e dimostrare il proprio valore, ben venga questa cena (inizialmente fissata per lunedì, poi rimandata: per questo motivo per impegni pregressi erano assenti Totti, Gervinho, Iturbe e Digne). Perché nonostante il Napoli sembri irraggiungibile, dista appena 4 punti. Perché nonostante sarà difficile far dimenticare i 13 gol rimediati in 2 anni tra Bayern Monaco e Barcellona, la qualificazione agli ottavi di finale di Champions è ad un passo.
RITIRO INSOLITO – Ripartire sabato è la parola d’ordine. Chissà che non ne abbiano parlato anche ieri sera a Trigoria dove la squadra è rimasta a dormire. Una decisione che ha sollevato qualche perplessità all’esterno (giudicata troppo soft) ma che all’interno del club non è viene considerata punitiva ma dettata dalla volontà di «trovare la concentrazione giusta per la gara contro il Torino». Ben venga allora anche questa scelta. L’importante è che nessuno si nasconda più dietro agli alibi che con troppa benevolenza e frequenza vengono concessi. Una volta è la sfortuna, un’altra il campo allagato, un’altra ancora gli assenti o l’aver giocato contro una squadra di marziani. Il tempo delle giustificazioni è finito. Lo sa anche Pallotta (atteso già domani) il cui arrivo è stato preceduto in queste ore dallo sbarco del braccio destro Zecca. Urge una reazione e questo chiama in causa soprattutto la squadra. Che per la trasferta contro i granata ritroverà Gervinho. Ieri l’ivoriano si è allenato con i compagni e si candida a riprendersi una maglia da titolare.