La Repubblica (E. Gamba) – Le vecchie squadre di Juric erano le più in crisi del momento. Battendo il Torino giovedì, il tecnico ce l’ha lasciato, mentre facendosi battere dal Verona in crisi ci è tornato lui. Se Verona gli sarà o no fatale è presto per dirlo, e poi la Roma non è che brilli per l’agilità nel processo decisionale, quando una decisione c’è da prendere. I Friedkin sono segnalati in Europa e come sempre il giorno per fare luce sarà domani. Perché quando hanno esonerato (Fonseca, Mourinho, De Rossi) lo hanno sempre fatto di martedì (De Rossi di mercoledì).

Intanto nella lista breve dei successori papabili resistono Mancini e Allegri, i nomi più prestigiosi tra i disoccupati, e vi è entrato Paulo Sousa, che dopo una lunga serie di esperienze negative adesso allena a Dubai. Se a Firenze aveva perso per ammutinamento, a Verona la Roma lo ha fatto per autolesionismo, incappando in una sfilza di errori che Juric ha definito «clamorosissimi» e ai quali ha imputato le rovine giallorosse che, a suo dire, hanno guastato una prestazione più che onorevole: «Ci è andato tutto, storto, ma il modo in cui abbiamo giocato ci deve dare fiducia. Speriamo anche che gli arbitri comincino a trattarci meglio» ha detto riferendosi al gol del 2-1, segnato da Magnani svettando tra una dozzina di giocatori ammassati nell’area piccola. Per i romanisti ci potevano stare un’ostruzione di Kastanos su Svilar e una manata di Magnani a N’Dicka, ma per arbitro e Var no.

Fatto sta che la Roma ha sbagliato e ogni volta dovuto rimediare finché non ha più avuto il tempo per farlo. Eppure la Roma aveva avuto in effetti momenti di calcio anche bello, specie a cavallo dei due tempi. Ma mai gli ardori del Verona, così somiglianti a quelli del suo allenatore.

Foto: [Michael Campanella] via [Getty Images]