Corriere della Sera (G.Piacentini) – “Quando Viola acquistò la Roma, riunì tutta la famiglia e disse: ‘Non dobbiamo essere troppo coinvolti. Sto pensando di mettere qualcuno a fare il presidente al mio posto’. Non ci credette nessuno”. Riccardo, figlio dell’ingegner Dino, parla del papà chiamandolo (quasi sempre) per cognome, come se fosse un personaggio fuori dal tempo. Oggi, quaranta anni fa, la Roma conquistò il primo trofeo dell’era Viola: la Coppa Italia, in finale, ai calci di rigore, contro il Torino all’Olimpico, ad un anno esatto dall’acquisto della società da Gaetano Anzalone.
Pensavate di vincere subito?
No, fu un anno complicato. Al primo derby morì Vincenzo Paparelli, il tifoso della Lazio: fu un’esperienza traumatica. A Marzo del 1980 scoppiò il calcioscommesse, con i finanziamenti negli stadi per portare via i calciatori.
Suo padre ebbe qualche ripensamento?
Mai. Per Dino Viola la Roma rappresentò il punto di arrivo della sua vita sportivo-imprenditoriale, e il suo arrivo invece il punto di partenza per la Roma. Il primo anno fu di rodaggio.
Vinceste comunque la Coppa Italia…
Ai rigori, che poi ci hanno accompagnato per tutta la presidenza. Il protagonista fu Franco Tancredi, per il Torino sbagliò Graziani… come col Liverpool.
Quale fu la prima intuizione di suo padre?
Nel primo anno non si poteva investire e c’era bisogno di una garanzia, per questo fu preso Liedholm, il migliore. Si accorse che in rosa c’erano due liberi e uno stopper, e inventò la zona.
Nella finale col Torino c’era in campo parte della squadra che poi vinse lo scudetto…
Ci fu la consapevolezza di poter costruire qualcosa di buono. Ancelotti, Di Bartolomei, Pruzzo, Tancredi, avevamo riportato a casa Bruno Conti. L’anno dopo arrivammo secondi.