Peggio. Sempre peggio. Il calcio europeo, come da noi anticipato ieri, sprofonda: l’Uefa, ieri a Nyon, ha svelato che i 735 club di prima divisione nell’anno finanziario 2010 hanno fatto registrare una perdita netta complessiva di 1,6 miliardi di euro, superiore del 36% del precedente anno (erano 1,2 miliardi). Un primato. Le entrate sono cresciute del 6,6%, più del Pil di molti paesi, toccando la cifra record di 12,8 miliardi di euro, ma non riescono certo a compensare le perdite. Basti pensare che il 75% dei top club, quelli con un fatturato superato ai 50 milioni, spendono, in proporzione, 12 euro su 10 di ricavi. Di positivo c’è che il costo del lavoro (gli stipendi dei calciatori) non cresce: si è attestato su 64% dei ricavi (in Italia il 74%), con una lieve diminuzione rispetto al passato dopo quattro anni di percentuale in aumento. Altro dato positivo è che cresce l’impegno dei giovani cresciuti nei vivai. Ma l’Uefa ha lanciato l’allarme in vista dell’entrata in vigore del fair play finanziario, che vedrà le prime sanzioni del 2014. Bisogna correre in fretta ai ripari perchè se venissero applicate da questa stagione le regole del “fpl” – in particolare quella che vieta un disavanzo di oltre 45 milioni di euro in bilancio – 13 club europei non potrebbero partecipare alle Coppe Europee (lo scorso anno erano 11) (…). Per qualche club il rischio è davvero reale. E anche la Juventus ha speso molto: dovrà iniziare a mettersi in regola. Come? Tagliando i costi (dei calciatori) e puntando sui ricavi. Ma il calcio italiano sconta una situazione che lo “rende teoricamente meno competitivo, rispetto agli altri club europei”, come ci spiega Giancarlo Abete, n.1 della Figc e membro dell’Esecutivo Uefa. “Ora l’Uefa metterà a punto il sistema sanzionatorio, con la possibilità di ricorrere al Tas ma dobbiamo pensare, in futuro, ad una politica di buon senso e ad una gestione corretta dei club” (…)
La Repubblica – Fulvio Bianchi
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