Claudio Ranieri, ex allenatore della Roma, ha rilasciato alcune dichiarazioni al margine della consegna del premio “Tor Vergata-Etica nello sport“. Queste le parole del tecnico, che ha toccato diversi temi:
Vincere con la Roma sarebbe stato uguale al successo con il Leicester?
Tutti i romanisti si ricordano i gol di Pazzini contro la Sampdoria… anche i laziali (ride, ndr). Io racchiudo quelle partite e quella stagione in due punti importanti: il primo è che io sono arrivato a campionato in corso con la Roma a zero punti, secondo noi perdemmo su 6 punti 5 con il Livorno, squadra già retrocessa. Lì perdemmo il campionato perché quando arrivammo alla partita con la Sampdoria venivamo da una striscia di 6-7 partite vinte, avevamo rimontato l’Inter e una partita storta ci poteva stare. Il primo tempo fu magnifico, vincevamo 1-0 e avevamo avuto 3-4 occasioni per raddoppiare sbagliando gol e con il portiere che fece grandissime parate, poi tra Cassano e Pazzini inventarono quei due gol e pazienza. Vincere il campionato lì per me sicuramente sarebbe stato magnifico perché da romanista, da tifoso sarebbe stato qualcosa di magnifico però credo che il successo planetario che ha avuto il Leicester non l’avrebbe avuto la Roma. Dico questo perché a me sono arrivate tantissime lettere e mi arrivano tantissime richieste di andare alle Università e ai simposi da tutto il mondo, dall’America del Nord, del Sud, dall’Australia e dalla Cina, io potrei smettere e andare in giro a fare questo ma non voglio smettere voglio continuare ad allenare.
Se dovesse tornare ad allenare in Italia allenerebbe una squadra ‘tipo Leicester’ o sarebbe pronto per una big come Roma o Inter?
Un buon progetto. Lo devo sentire, perché se lo sento mio io do tutto me stesso, se non lo sento non lo accetto. Anche alla Lazio? No, alla Lazio no (ride, ndr). Voglio essere onesto, la Lazio no perché la mia carriera la sto concludendo, fosse capitata agli inizi della mia carriera da professionista l’avrei accettata perché ci sono molti allenatori che hanno allenato la Roma e la Lazio. Io adesso da tifoso romanista ho avuto tanto e non allenerei per rispetto la squadra dei miei cugini. Però devo dire che li rispetto tantissimo e devo dire che mi piace tantissimo come sta giocando la Lazio.
Il Leicester?
Sono arrivato là e non so perché ho sentito un’aria elettrica, una positività incredibile.Sentivo che c’era qualcosa di super positivo, che naturalmente non voleva dire vincere il campionato. Ci avevano chiesto di rimanere in Premier e crescere. Però c’era positività: vedevo come si allenavano i ragazzi. Negli allenamenti andavano più forti che nelle partite, era uno spettacolo allenarli. Piano piano abbiamo preso consapevolezza di noi stessi. Le mie prime parole sono state: “voglio tirar fuori il vostro spirito inglese, con la tattica italiana. Se mi seguite possiamo fare buone cose”. Abbiamo iniziato a prendere consapevolezza dei nostri mezzi e neanche potevano immaginare quanti bravi potessero essere, ma non pensavo di poter lottare contro le big del campionato. Con la determinazione e il sacrificio e con la fortuna abbiamo vinto. La fortuna ce la siamo costruita da soli, con la nostra energia positiva.
L’esonero?
Il Leicester in quattro anni è passato dalla serie C inglese fino alla vittoria della Premier League: uno stress incredibile. Dopo la vittoria, nel precampionato, sapevo ci sarebbe stato bisogno di un periodo di adattamento al nuovo standard della squadra, che non aveva più lo stress di doversi salvare dalla serie B. All’inizio della mia avventura andavamo nella periferia di Leicester per fare amichevoli contro squadre di prima categoria, la scorsa estate invece giocavamo in America contro il Barcellona e le più grandi di Europa. La mente era cambiata totalmente: nelle partite di grande cartello e in Champions League era il solito Leicester, nelle partite normali perdevamo quella compattezza, quel nostro credere l’uno nell’altro, nell’aiutarsi l’uno con l’altro. Alcune volte mi arrabbiavo anche se avevamo vinto perché non li avevo visto squadra. Se mi davamo il massimo, anche con una sconfitta, io ero però contento. Nella partita con il Siviglia persa 2 a 1 io avevo rivisto quello spirito giusto della squadra, poteva essere la partita della svolta. Purtroppo quando siamo atterrati mi hanno chiamato e ‘arrivederci e grazie’, ma tanto ci sono abituato: sono arrivato più volte secondo e sono stato mandato via, per cui dopo che ho vinto chissenefrega.