Il Messaggero (A. Angeloni) – “Ha settant’anni, è troppo vecchio per cambiare mentalità. Ha vinto solo una coppetta“. Quando Mou era nemico di Ranieri. Fece sorridere quella dichiarazione un po’ estrema dello Special: stagione 2009/2010, Claudio sorrise poco, di anni, non ne aveva nemmeno sessanta. Sì, si poteva definire allenatore esperto, non vecchio, soprattutto non settantenne. Era il solito Mourinho, giocava con le parole, alterava i fatti per colpire. Sono passati quasi quindici anni, i due sono diventati amici: Ranieri è andato oltre quella coppetta, ha vinto anche una Premier con il Leicester, entrando nella storia del calcio europeo e mondiale.
Ma soprattutto oggi settanta anni li ha raggiunti, anzi ne ha compiuti settantatré a ottobre. Era il più vecchio allenatore della serie A quando lo scorso anno ha guidato il Cagliari verso la salvezza, lo è a maggior ragione oggi che ha rimesso tuta e cappellino per dare una mano alla sua Roma. Tecnico anziano oggi, dirigente maturo domani. Sir Claudio è il più attempato d’Europa. Sotto di lui c’è Manuel Pellegrini, due anni più piccolo, ormai santone del Betis di Siviglia.
L’eccezione per Claudio è essere così longevi, con questa voglia sempre addosso di stare lì in mezzo al campo. Ranieri ha fatto un’eccezione perché di mezzo c’era ancora una volta la Roma, altrimenti sarebbe stato a casa a fare il nonno, magari aspettando una eventuale chiamata di una Nazionale, esperienza tra l’altro già fatta (con la Grecia) che però non è andata benissimo.
Ma Ranieri non ha paura delle minestre riscaldate, non di questo secondo ritorno nella Capitale. È andato bene nella sua prima avventura nella Roma, sfiorando lo scudetto (non bene l’anno dopo, sostituito a metà stagione da Vincenzo Montella) e pure nella seconda, ha fatto quello che doveva, terminare dignitosamente il campionato dopo che le cose erano precipitate con Eusebio Di Francesco. Old but gold, dicono in Inghilterra, e Ranieri capisce bene cosa si intenda: vecchio ma d’oro.